Un nuovo test delle urine sembrerebbe in grado di rilevare la presenza di un cancro delle ovaie sin dalle sue primissime fasi, aprendo così la strada a trattamenti ben più efficaci per le pazienti colpite.
Il test potrebbe integrarsi con altri dati, come il dosaggio di Ca-125, l'ecografia transvaginale e l'anamnesi familiare per migliorare la diagnosi precoce del tumore. La ricerca, condotta da Joseph Reiner e i suoi colleghi della Virginia Commonwealth University, è stata presentata nel corso dell'annuale incontro della Biophysical Society a Philadelphia.
Ricerche precedenti avevano segnalato la presenza di migliaia di piccole molecole proteiche o peptidi nelle urine delle donne affette da cancro ovarico, ma le tecniche per individuarle erano troppo complesse e costose. Il gruppo di Reiner ha invece adottato un nuovo approccio concentrandosi su una tecnologia che può rivelare più peptidi contemporaneamente.
Il metodo si basa sulla misurazione dei cambiamenti di corrente elettrica o di altre proprietà attraverso nanopori. Il team si è servito di nanoparticelle d'oro per bloccare parzialmente questi nanopori, consentendo ai peptidi di attaccarsi alle nanoparticelle e creare una firma molecolare unica danzando attorno ad esse.
Grazie alla tecnica è stato possibile identificare 13 peptidi, fra cui quelli derivati dal biomarcatore Lrg-1, presente nelle urine dei pazienti colpiti da cancro ovarico.
"Di questi 13 peptidi ora conosciamo le firme, sappiamo come queste firme appaiono e come potrebbero essere utilizzate in questo schema di rilevamento. È come avere un'impronta digitale che ci dice cos'è il peptide. I dati clinici mostrano un miglioramento del 50-75% nella sopravvivenza a 5 anni quando i tumori vengono rilevati nelle fasi iniziali. Questo è vero per numerosi tipi di cancro", ha spiegato Reiner.
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