Meglio non fumare per tante buone ragioni, consiglio quanto mai valido per le donne incinte. Secondo una recente ricerca condotta da scienziati americani e finlandesi, infatti, l'esposizione al fumo durante la gravidanza provoca un aumento delle probabilità di insorgenza della schizofrenia nel bambino.
A sostenerlo è uno studio realizzato dalla Mailman School of Public Health - Columbia University Medical Center e dall'Università di Helsinki su un vasto campione costituito in sostanza da tutti i nati in Finlandia fra il 1983 e il 1998. I risultati indicano l'esistenza di circa 1000 casi di schizofrenia, con un'incidenza più elevata tra i figli di mamme dedite al fumo in gravidanza. In termini percentuali, l'esposizione alla nicotina aumenta del 38 per cento le possibilità di insorgenza del disturbo psichiatrico, secondo quanto si legge sul Journal of Psychiatry.
«A nostra conoscenza, questo è il primo studio a base di biomarker che mostra una relazione tra l'esposizione alla nicotina del feto e la schizofrenia - ha detto Alan Brown, responsabile dello studio, professore di epidemiologia alla Mailman School e professore di psichiatria clinica CUMC -. Abbiamo impiegato un campione nazionale con il più alto numero di casi di schizofrenia fino ad oggi utilizzati in uno studio di questo tipo».
Se pare accertato il nesso fra nicotina e schizofrenia, rimangono da approfondire le ragioni di tale collegamento. «Futuri studi sul fumo materno e altri fattori ambientali, genetici ed epigenetici, così come modelli animali, dovrebbero consentire l'identificazione dei meccanismi biologici responsabili di tale associazione», ha sottolineato Brown.
Uno studio del King's College di Londra pubblicato su Lancet Psychiatry conferma l'influenza negativa esercitata dal fumo sui disturbi psichiatrici, sottolineando il pericolo maggiore di psicosi e altre patologie mentali.
Il collegamento tra fumo e psicosi sembra oggettivo e non legato a una ricerca di conforto da parte delle persone affette da turbe mentali. I ricercatori inglesi hanno analizzato i dati di quasi 290mila persone, scoprendo che quelle colpite da psicosi erano più propense a fumare. La combinazione con fattori genetici e ambientali rende questo tipo di persone più suscettibili a questo tipo di dipendenza.
James MacCabe, uno degli autori dello studio, spiega: «Anche se è sempre difficile determinare una connessione di causalità , i nostri risultati indicano che il fumo dovrebbe essere preso seriamente in considerazione come fattore di rischio per lo sviluppo della psicosi, e non liquidato semplicemente come una conseguenza della malattia».
Gli scienziati hanno analizzato i dati di 61 studi per un totale di 15mila fumatori e 273mila non fumatori. Dai risultati è emerso che il 57 per cento delle persone trattate per un primo episodio di psicosi aveva l'abitudine del fumo. Statisticamente, quindi, i pazienti psicotici mostravano una probabilità 3 volte maggiore di cadere in una malattia mentale rispetto alla media.
Fra le possibili spiegazioni del nesso causale tra fumo e psicosi, gli scienziati avanzano quella legata al ruolo della dopamina, una sostanza chimica coinvolta nella gestione delle emozioni da parte del cervello. L'ipotesi è che l'esposizione alla nicotina aumenti il rilascio di dopamina, causando di conseguenza lo sviluppo della psicosi nelle persone predisposte.
Fumare in gravidanza non solo aumenta il rischio che il bimbo venga colpito da schizofrenia ma può causare numerosi disturbi e patologie spiacevoli. Se la donna fuma in dolce attesa rischia di andare incontro a un parto prematuro; inoltre, i figli di donne fumatrici corrono il pericolo più degli altri di ammalarsi di tumore alla vescica e ai reni. Comunque è elevato anche il rischio di altre neoplasie. Rispetto alle madri non fumatrici, per le tabagiste il rischio di distacco della placenta, e quindi del decesso del feto, è doppio. Un team di studiosi dell'istituto per la ricerca sul cancro di Heidelberg, in Germania, ha concluso, dopo ricerche accurate, che se le donne incinte riuscissero ad abbandonare le sigarette entro la 16esima settimana si potrebbero ridurre il 20% delle morti bianche e il 25% dei decessi fetali.
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