Le microplastiche nel cervello

Si accumulano a livelli ancora più alti che in altri organi

Le microplastiche minacciano anche il cervello, e sembrano farlo in maniera ancora più pericolosa che altrove. A segnalarlo è un nuovo studio pubblicato su Nature Medicine da un team dell’Università del New Mexico.
Negli ultimi decenni la presenza di microplastiche nell’ambiente è aumentata in maniera esponenziale. Secondo alcune stime vi sarebbero circa 2,5 milioni di tonnellate di plastica alla deriva negli oceani, un livello 10 volte superiore a quello del 2005.
Secondo il nuovo studio, le micro e nanoplastiche si accumulerebbero a livelli più elevati nel cervello umano rispetto al fegato e ai reni. L’impatto sulla salute di queste sostanze non è ancora chiaro. Il processo di assorbimento delle micro e nanoplastiche (MNP) è strettamente correlato con il consumo di pesce, ma anche di carne di altri animali. Le MNP inoltre finiscono nelle falde acquifere e nell’aria. Non è sicura neanche la propria casa, anzi all’interno dell’ambiente domestico c’è una percentuale superiore di MNP rispetto all’esterno per via delle plastiche presenti in vestiti, mobili e prodotti per la casa.
Uno studio dello scorso anno ha dimostrato che le MNP possono attraversare la barriera emato-encefalica, il filtro che l’organismo pone in essere per controllare ciò che può entrare nel cervello attraverso il flusso sanguigno.
Il nuovo studio ha analizzato 52 campioni di cervello umano prelevati fra il 2016 e il 2024 dalla corteccia frontale, la parte del cervello responsabile del giudizio, del processo decisionale e del movimento muscolare. I ricercatori hanno anche esaminato campioni di fegato e reni provenienti dagli stessi corpi, analizzando tutti i tessuti con l'ausilio di immagini al microscopio e analisi molecolari per identificarne la composizione chimica.
Nei campioni del 2024 si registravano concentrazioni di MNP molto più alte rispetto ai campioni del 2016. La massa totale di plastica nei cervelli studiati è aumentata di circa il 50% tra il 2016 e il 2024. Secondo i ricercatori, la responsabilità sarebbe dell’aumento drastico delle concentrazioni di MNP nelle nostre case, nell’aria e nell’acqua.
"Sono piuttosto sconvolta dalla quantità di microplastiche trovate", afferma Emma Kasteel, neurotossicologa dell'Università di Utrecht, nei Paesi Bassi. "È molto più alta di quanto mi sarei aspettata".
I campioni di cervello analizzati mostravano una quantità di MNP da 7 a 30 volte superiore rispetto ai campioni di fegato e reni. Nella maggior parte dei casi, le particelle trovate erano minuscoli frammenti di polietilene, una delle plastiche più comuni al mondo utilizzata spesso per gli imballaggi.
Secondo Kasteel, le MNP sono maggiormente presenti nel cervello perché inalate dal naso fino al cosiddetto bulbo olfattivo, la parte del cervello che elabora gli odori.
L’autore dello studio Matthew Campen sottolinea l’unico aspetto positivo della ricerca, cioè la mancanza di correlazione fra età della persona e quantità di plastica trovata, il che testimonia la capacità del corpo di eliminare le MNP. Se così non fosse, nei soggetti anziani ci sarebbero concentrazioni molto più elevate di micro e nanoplastiche.
Da sottolineare il fatto che i livelli di MNP erano da 3 a 5 volte più alti in 12 cervelli di persone a cui era stata diagnosticata la demenza. L’ipotesi di Kasteel è che si tratti di una conseguenza più che di una causa, dal momento che le persone con demenza tendono ad avere barriere emato-encefaliche che non funzionano bene come filtro.
"Sempre più studi dimostrano che le materie plastiche sono presenti nel cervello, compresa questa nuova ricerca, e non dovrebbero esserci", afferma Kasteel. "Non sappiamo molto sugli effetti sulla salute, ma il fatto è che ci sono e non dovrebbero esserci, e forse questo è già abbastanza preoccupante".
"La plastica è ovunque. La maggior parte delle persone non riesce a immaginare un mondo senza plastica. Anche se smettessimo di produrre plastica in questo momento, il mondo resterebbe comunque pieno di microplastiche", afferma Kasteel. "Quindi è bene pensare a misure di mitigazione, applicando un principio di precauzione e vedendo cosa possiamo fare per ridurre al minimo l'esposizione e per prevenire magari alcuni rischi per la salute che potrebbero esserci".

25/03/2025 09:59:17 Andrea Sperelli


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