Un nuovo protocollo promette di rappresentare una svolta per la procreazione medicalmente assistita, la Pma. Lo afferma un nuovo studio pubblicato sul Journal of Assisted Reproduction and Genetics da un team di ricercatori del gruppo Genera.
«Lo studio è stato condotto su 444 coppie trattate presso la nostra clinica tra il 2020 e il 2023 – spiega intervistato dal Corriere della Sera Alberto Vaiarelli, ginecologo e responsabile medico-scientifico del centro Genera di Roma -. Abbiamo effettuato la doppia stimolazione ormonale integrando l’utilizzo di farmaci per via orale. Grazie alla somministrazione per bocca consentono di ridurre al minimo il numero di iniezioni sottocutanee e semplificano il monitoraggio ecografico durante il trattamento, nonché abbassano anche il costo che, ad oggi, è a carico dei pazienti. I risultati ci confermano che il nuovo protocollo è un’opzione efficace, semplificata e sicura. Oggi il rischio di iperstimolazione ovarica, anche per questi nuovi protocolli, è stato ridotto a una percentuale veramente residuale, grazie all’utilizzo di farmaci personalizzati a seconda del profilo della singola paziente. Inoltre eseguire due stimolazioni ormonali intervallate da due o più mesi (come nei protocolli standard) o ravvicinate (come con il nuovo percorso che abbiamo messo a punto) non presenta alcuna differenza in termini di rischio di complicanze».
«A differenza dei percorsi classici, il nuovo protocollo farmacologico prevede una doppia stimolazione ormonale nel corso di un unico ciclo mestruale, che consente di aumentare, fino a raddoppiare, il numero di ovociti prelevati - continua l’esperto -. Aumentano così le probabilità di successo e diminuiscono i tempi della fecondazione in vitro. Il protocollo è particolarmente indicato per tutte le coppie infertili candidate ad analisi genetica preimpianto (Pgt), in particolare donne di età materna avanzata, ovvero oltre i 35 anni, con ridotta riserva ovarica, che comprende un basso Amh (valore dell’ormone antimulleriano) o uno scarso numero di follicoli e in generale per coloro che hanno la necessità di ottimizzare i tempi del loro percorso verso la gravidanza».
«Il protocollo nasce dalla volontà di personalizzare la stimolazione ormonale per i trattamenti di fecondazione in vitro - sottolinea Vaiarelli -. Solitamente la prima stimolazione dura 12 giorni. Si inizia dal secondo giorno del ciclo con una puntura e una compressa al giorno. La puntura serve per indurre una crescita follicolare multipla e la compressa invece per inibire l’ovulazione precoce. In passato le punture sottocutanee erano due al giorno, una pratica che risultava poco confortevole per la paziente. A questa prima fase segue una pausa di circa 5 giorni. Intorno al quattordicesimo giorno si procede con il prelievo ovocitario per via transvaginale. Si riprende poi con la seconda stimolazione (dopo 5 giorni) nella fase luteale del ciclo. In questo modo viene ulteriormente stimolato l’ovaio con l’obiettivo di aumentare il numero di ovociti prelevati. Al termine della seconda stimolazione si procede con il secondo prelievo ovocitario. Questo farà sì che in un mese si disporrà di due collezioni di ovociti, non più una. Un passo fondamentale per massimizzare le chance di gravidanza che, lo ricordiamo, dipendono dal numero di ovociti prelevati».
«In natura si porta a maturazione un solo follicolo, che se viene fecondato dà inizio alla gravidanza - conclude l’esperto -. Con la stimolazione ormonale si determina una crescita follicolare multipla. Bisogna infatti lavorare sulla quantità ovocitaria, dal momento che non si può agire sulla qualità. Non c’è un numero ideale di ovociti, poiché varia a seconda della paziente: 10-15 è già un buon numero, ma per le over 40 ne occorrerebbero di più. Questo protocollo necessita di un counseling adeguato che spieghi alla paziente la gestione del protocollo dei due interventi di prelievo. È necessario eseguire la procedura in Centri altamente specializzati, poiché il materiale biologico viene crioconservato e successivamente utilizzato. Inoltre, la procedura prevede anche l’analisi genetica preimpianto: grazie alla biopsia delle cellule che formeranno la placenta è possibile escludere la presenza di malattie genetiche o di anomalie cromosomiche dell’embrione. Non dimentichiamo poi che il tempo è un fattore cruciale e il nuovo protocollo permette di migliorare l’efficienza, ovvero minor tempo e disagio per la paziente e maggiori chance di concepimento. In questo modo anche le coppie con bassa prognosi riproduttiva vedono aumentare le possibilità di diventare genitori».
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