Potrebbero nascere nuovi trattamenti per l'Alzheimer grazie alla scoperta di un meccanismo fondamentale della malattia. Un gruppo di ricercatori della City University di New York coordinato da Pinar Ayata ha evidenziato il duplice ruolo delle cellule immunitarie della microglia, che oltre a proteggere il sistema nervoso centrale, in caso di stress possono anche produrre sostanze tossiche che peggiorano la neurodegenerazione caratteristica dell'Alzheimer.
I primi test su modello murino mostrano che bloccare il meccanismo di risposta allo stress o impedire la produzione delle sostanze tossiche porta a un miglioramento evidente dei sintomi.
Le cellule della microglia costituiscono la prima e principale difesa del sistema nervoso centrale, muovendosi costantemente alla ricerca di potenziali minacce. Rappresentano il 7-10 per cento di tutte le cellule cerebrali e sono fondamentali per mantenere l'organo pulito. Le microglia sono considerate una sorta di spazzino del sistema nervoso centrale, occupandosi peraltro anche della difesa immunitaria del cervello. Rimuovono i neuroni che non comunicano in maniera corretta, eliminano i radicali liberi e le proteine anomale.
In caso di minaccia, si innesca un processo infiammatorio volto a eliminare il pericolo. In alcuni casi, però, la microglia funziona male e l'infiammazione può diventare cronica, portando all'eliminazione anche di cellule sane.
I ricercatori hanno analizzato post-mortem i campioni di tessuto cerebrale di persone affette da Alzheimer, scoprendo che non tutte le cellule microgliari svolgono un ruolo protettivo. Alcune sono infatti nocive e producono in caso di stress piccole molecole tossiche costituite da grassi che danneggiano alcune cellule fondamentali del cervello.
Queste “dark microglia”, come le hanno definite gli autori, sono state rilevate in misura doppia nelle persone malate rispetto a soggetti sani della stessa età. Lo stesso meccanismo è stato studiato sui topi, provando a fermarne l'attivazione o la sintesi della molecola tossica. In entrambi i casi l'intervento è sembrato efficace, proteggendo i neuroni e impedendo l'accumulo della proteina tau nel cervello, la firma dell'Alzheimer. «Questi risultati rivelano un legame cruciale tra stress
cellulare ed effetti tossici della microglia in modelli della malattia di Alzheimer», dice Anna Flury, prima firmataria dello studio insieme a Leen Aljayousi. «Colpire questo meccanismo - continua Flury - potrebbe portare a nuovi trattamenti farmacologici».
«I trattamenti potrebbero rallentare in maniera significativa, o persino fermare, la progressione della patologia - aggiunge Aljayousi - dando speranza a milioni di pazienti e alle loro famiglie».
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