L'inquinamento indoor è un rischio per la salute

Mostra lo stesso impatto dell'inquinamento esterno

Nelle aree urbane l'inquinamento indoor ha lo stesso impatto sulla salute al pari dell'inquinamento esterno con possibili ripercussioni in termini di malattie polmonari, cardiache e tumorali. È uno dei principali risultati emersi da uno studio condotto da Enea e dall'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del Cnr (Cnr-Isac), in collaborazione con le università Sapienza di Roma e Milano-Bicocca, nell'ambito del progetto Viepi (Valutazione integrata dell'esposizione al particolato indoor) finanziato da Inail e pubblicato sulla rivista Environmental Pollution.
In media la popolazione dei centri urbani trascorre fino al 97% del tempo in ambienti chiusi. Le principali fonti di inquinamento dell'aria indoor nelle nostre città includono l'infiltrazione di aria dall'esterno (traffico veicolare e riscaldamento) e le sorgenti interne (fumo di tabacco, prodotti per la pulizia, cottura di cibi). “Il quesito scientifico alla base di questo esperimento è stato proprio quello di comprendere se fossero le sorgenti esterne o interne a influire maggiormente sulla tossicità negli ambienti indoor”, ha spiegato Francesca Costabile del Cnr-Isac, co-prima autrice del lavoro.
“Le associazioni tra l'inquinamento atmosferico indoor da particolato fine (Pm con diametro aerodinamico dp < 2,5 μm) e la salute umana sono poco comprese”, scrivono gli autori che proprio per fare luce sul legame hanno condotto uno studio sulle curve concentrazione-risposta per il particolato fine (PM2.5) e ultrafine (PM0.1), l'espressione genica e i modelli di metilazione nelle cellule epiteliali bronchiali umane (BEAS-2B) esposte all'interfaccia aria-liquido (Ali) all'interno di un'aula nel centro di Roma, nell'arco delle 24 ore, incluse le ore di lezione.
Ne è emerso che se il PM2.5 e PM0.1 generato dal traffico veicolare urbano si infiltra in un ambiente interno, può attivare la risposta del tessuto bronchiale umano attraverso specifici geni legati all'infiammazione e a un particolare meccanismo biochimico (il metabolismo degli xenobiotici) che permette al nostro organismo, come azione protettiva, di riconoscere, trasformare ed eliminare le sostanze estranee.
“La ricerca ha rivelato che le caratteristiche chimico-fisiche dell'aerosol atmosferico dell'ambiente esterno, influenzato soprattutto dal traffico veicolare urbano e delle variabili meteorologiche esterne (bassa pressione, piogge e vento), sono significativamente alterate infiltrandosi in ambiente indoor, aumentando così il potenziale tossicologico del PM2.5 e PM0.1”, spiega Massimo Santoro della divisione Enea di Biotecnologie co-primo autore del lavoro. “A ciò bisogna aggiungere la presenza degli studenti in aula, che contribuiscono alla variazione di biomassa all'interno dell'aula, e dei sistemi di trattamento dell'aria interna”.
“Questi risultati rappresentano una base importante per fornire un solido supporto scientifico alle politiche di adeguamento delle normative sulla qualità dell'aria in ambiente indoor - che comprende anche altri contesti come uffici, abitazioni e luoghi di sport e svago - evidenziando il ruolo critico delle particelle fini e ultrafini come vettori di molecole tossiche per la salute umana”, sottolinea Santoro.
“La nostra ricerca suggerisce, inoltre, come le condizioni meteorologiche, climatiche e la qualità dell'aria esterne abbiano un significativo impatto sulle proprietà del PM2.5 e del PM0.1 in ambiente indoor”, conclude Costabile.
Intanto un altro studio presentato al Congresso Europeo di Medicina d'Emergenza il 16 ottobre ha evidenziato come l'aumento dei livelli di particolato nell'aria, anche entro i limiti delle linee guida dell'Organizzazione mondiale della sanità, corrisponde a un aumento del numero di pazienti che si recano al Pronto soccorso ospedaliero. In particolare l'inquinamento atmosferico sarebbe associato a casi di traumi, difficoltà respiratorie e problemi cutanei.
Spiega Andrea Rossetto, specializzando in medicina d'emergenza presso l'Università di Firenze e l'Ospedale Universitario Careggi di Firenze e dottorando presso la Queen Mary University di Londra, Regno Unito che ha presentato la ricerca: “Sappiamo che l'inquinamento atmosferico è dannoso per la salute, soprattutto in termini di malattie respiratorie e polmonari, e questo probabilmente ha un impatto sui nostri servizi sanitari. Tuttavia, ci sono poche evidenze sugli effetti delle fluttuazioni dell'inquinamento atmosferico sul carico di lavoro complessivo del pronto soccorso”.
Nel dettaglio i ricercatori hanno raccolto dati sui pazienti ammessi al pronto soccorso dell'Ospedale Universitario Careggi di Firenze tra il 2019 e il 2022, per un totale di 307.279 visite al pronto soccorso. Hanno confrontato questi dati con i livelli giornalieri di PM2.5 PM10 vicino alle abitazioni dei pazienti fino a 30 giorni prima che si recassero in ospedale.
Hanno riscontrato un aumento del 10-15% dei pazienti giornalieri al pronto soccorso nei giorni successivi all'aumento dei livelli di PM2.5 e PM10. In particolare, i casi di traumi, difficoltà respiratorie e problemi cutanei sono aumentati nei giorni seguenti all'incremento dell'inquinamento atmosferico. I casi di traumi legati all'inquinamento atmosferico erano generalmente riscontrati in pazienti più giovani mentre nelle persone anziane (oltre i 65 anni) erano più comuni le difficoltà respiratorie legate all'inquinamento.
“È probabile che il traffico intenso sia direttamente responsabile dell'aumento dei casi di trauma da incidenti stradali e indirettamente dell'incremento dei pazienti con difficoltà respiratorie legate all'inquinamento atmosferico” aggiunge Rossetto. “Ciò significa che vediamo più pazienti con difficoltà respiratorie in un momento in cui il pronto soccorso è già sotto pressione con più casi di traumi, con potenziali peggioramenti degli esiti per tali pazienti”.
Saranno necessarie ulteriori ricerche per verificare se esiste una relazione simile anche per i bambini, per esempio che possono essere più suscettibili agli effetti dell'inquinamento atmosferico. I ricercatori inoltre sperano di condurre studi sull'impatto dei livelli di altri inquinanti atmosferici e delle condizioni meteorologiche sulle visite al pronto soccorso, non solo in termini di carico di lavoro complessivo, ma anche in relazione a specifiche malattie.

Fonte: AboutPharma

17/10/2024 09:33:06 Andrea Sperelli


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