Dopo la guarigione da un tumore al seno i rischi per un'eventuale gravidanza non superano quelli fisiologici. Lo dimostra uno studio del Policlinico San Martino di Genova pubblicato su Jama, dal quale si evince che gli stessi risultati valgono anche per quelle donne portatrici della cosiddetta mutazione Jolie, cioè le alterazioni dei geni Brca 1 e 2, che aumentano il rischio di cancro al seno.
In particolare, per queste donne finora la gravidanza al termine delle cure oncologiche era sconsigliata perché si temeva una recidiva del tumore e possibili pericoli per l'incolumità del feto potenzialmente esposto agli effetti delle precedenti terapie.
I nuovi dati dimostrano però che a 10 anni dalla diagnosi una paziente su 5 ha avuto una gravidanza senza registrare complicanze o pericoli per i nascituri, né un aumento delle probabilità di ricomparsa del tumore.
"Questi dati dimostrano che, dopo un trattamento appropriato e un periodo di osservazione, la gravidanza non dovrebbe essere più sconsigliata, perché è possibile e sicura", osserva Matteo Lambertini, oncologo presso la Clinica di Oncologia Medica dell'Università di Genova-Irccs Ospedale Policlinico San Martino, coordinatore della ricerca assieme a Eva Blondeaux.
Allo studio hanno partecipato 78 centri di tutto il mondo e sono stati raccolti i dati di 4732 donne. Alla fine dei trattamenti ed entro 10 anni dalla diagnosi, 1 donna su 5 ha avuto una gravidanza, con un tempo medio dalla diagnosi al concepimento di 3 anni e mezzo. Delle 517 donne che hanno portato a termine la gravidanza, pari al 79,7% del totale, il 91% ha avuto un parto a termine e il 10% ha avuto gemelli.
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