Il vaccino antinfluenzale sembra un buon investimento in termini di salute generale. Un nuovo studio pubblicato su Scientific Reports rivela infatti che la somministrazione del vaccino per l'influenza stagionale ha l'effetto di ridurre il rischio di infarto e di morte per qualsiasi malattia cardiovascolare.
"Questi risultati evidenziano il potenziale della vaccinazione antinfluenzale come strategia aggiuntiva nella prevenzione delle malattie cardiovascolari", osservano i coordinatori della ricerca Fatemeh Omidi e Tala Sarmastzadeh, entrambi della Shahid Beheshti University of Medical Sciences di Teheran. “Tuttavia, per chiarire gli effetti benefici osservati, sono necessarie ulteriori ricerche sui meccanismi all'origine di quanto abbiamo visto".
Le ricerche hanno riguardato un totale di 9.059 pazienti, 4.529 dei quali avevano ricevuto il vaccino contro l'influenza e 4.530 un placebo. Fra i vaccinati si è osservata un'importante riduzione degli eventi cardiovascolari (517 contro i 621 che avevano ricevuto il placebo).
Se i risultati venissero riconfermati da analisi future, i vaccini antinfluenzali sarebbero uno strumento ulteriore per ridurre gli effetti negativi di ipertensione, ischemia, fibrillazione atriale, ictus, endocarditi e altre malattie cardiovascolari, complessivamente la prima causa di morte nel mondo.
Un altro studio segnala invece una riduzione del rischio di sviluppare l'Alzheimer per chi decide di sottoporsi a vaccinazione antinfluenzale. Si tratta di una ricerca pubblicata sul Journal of Alzheimer's Disease da un team della McGovern Medical School della UTHealth Houston coordinato da Paul E. Schulz, docente di neurologia.
Gli scienziati americani hanno monitorato l'insorgenza dell'Alzheimer in un gruppo di anziani sopra i 65 anni che avevano aderito alle campagne di vaccinazione negli Stati Uniti.
Prendendo come esempio i vaccini contro l'herpes zoster, i ricercatori hanno scoperto che i soggetti vaccinati beneficiavano di una riduzione del rischio di Alzheimer pari al 25% dopo 8 anni.
Percentuali simili sono emerse con riguardo al vaccino contro tetano/difterite e pertosse (-30%) e a quello anti-pneumococcico (-27%).
Un'analisi sulla popolazione immunizzata contro l'influenza su un campione formato da due gruppi di 935.887 persone ognuno ha mostrato come una vaccinazione annuale contro l'influenza per tre anni consecutivi riducesse il rischio di demenza del 20% nei successivi 4-8 anni, mentre con un vaccino fatto per 6 anni consecutivi il rischio si riducesse fino al 40%.
Il meccanismo molecolare che sta dietro a questa protezione non è del tutto chiaro, ma la teoria più sostenuta evidenzia la capacità delle vaccinazioni di ostacolare infezioni potenzialmente pericolose per la salute del cervello. Alcuni tipi di virus, infatti, possono portare a infiammazione delle membrane con coinvolgimento neurologico diretto.
La seconda ipotesi sostiene che i vaccini abbiano la capacità di allenare il sistema immunitario a una migliore gestione delle placche amiloidi, il cui accumulo è alla base del malfunzionamento cerebrale nei pazienti colpiti da Alzheimer.
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