Un uomo di 62 anni ha ricevuto il trapianto di un rene da un maiale geneticamente modificato al Massachussets General Hospital di Boston. Si tratta tecnicamente di uno xenotrapianto (un trapianto ottenuto con l'utilizzo di organi provenienti da specie diverse, ndr), il primo di questo tipo.
Il paziente, secondo il resoconto dei sanitari americani, «cammina già per i corridoi del Massachussets General Hospital e potrebbe essere dimesso presto». Il rene ha già cominciato a produrre urina dopo la conclusione dell'intervento.
«Per le science biomediche, non solo per il mondo dei trapianti di rene, si tratta di una pietra miliare - commenta al Corriere della Sera Giuseppe Orlando, chirurgo dei trapianti e professore associato di Chirurgia e Medicina rigenerativa alla Wake Forest University di Winston Salem e presidente eletto della Cell Transplant and Regenerative Medicine Society -. Oggi è un giorno direi storico, un momento nella storia della trapiantologia che abbiamo aspettato con trepidazione per decenni, e non nascondo una moderata “gioia” associata a un cauto ottimismo».
«Non c'è dubbio che è ancora presto per trarre conclusioni definitive e sarà importante sapere se i risultati osservati a brevissimo termine saranno confermati ad almeno un anno. Se ciò si verificherà - aggiunge il professor Orlando -, allora potremo veramente dire di essere di fronte a un evento epocale, destinato a cambiare la storia della trapiantologia. L'intera comunità scientifica stava aspettando il primo xenotrapianto di rene effettuato in un paziente e finalmente ciò si è verificato. Fra l'altro, non sono sorpreso di apprendere che sia accaduto al Massachusetts General Hospital, perché quella è la sede della scuola del pioniere dello xenotrapianto, David Howard Sachs, i cui studi sono stati fondamentali per arrivare dove siamo. Vorrei pertanto esprimere la mia ammirazione verso lo straordinario lavoro fatto dai miei colleghi e amici a Boston».
Leonardo V. Riella, che ha diretto l'intervento, ipotizza in futuro l'abbandono della dialisi come strumento per mantenere in vita i pazienti nefropatici, dato il possibile impiego su larga scala degli xenotrapianti.
Gli xenotrapianti non sono una novità assoluta. Qualche mese fa uscì la notizia della morte del secondo paziente che era stato trapiantato con un cuore di maiale.
Lawrence Faucette, 58 anni, si è spento 6 settimane dopo l'intervento sperimentale portato a termine dai medici della University of Maryland School of Medicine.
Faucette, destinato a morte certa per insufficienza cardiaca e non idoneo al trapianto di cuore tradizionale, si era sottoposto al trapianto di cuore da un maiale geneticamente modificato il 20 settembre scorso. Per il primo mese, il cuore non ha dato problemi, ma nelle ultime settimane sono iniziati i segnali di rigetto.
“L'ultimo desiderio del signor Faucette era che sfruttassimo al massimo ciò che abbiamo imparato dalla nostra esperienza, in modo che ad altri possa essere garantita la possibilità di un nuovo cuore quando un organo umano non è disponibile. Poi ha detto all'équipe di medici e infermieri che si era radunata attorno a lui che ci amava. Ci mancherà moltissimo”, ha dichiarato il professor Griffith. “Non possiamo esprimere abbastanza gratitudine al signor Faucette e alla sua famiglia per averci permesso di continuare a fare progressi significativi per rendere gli xenotrapianti una realtà. Il signor Faucette era uno scienziato che non solo leggeva e interpretava le proprie biopsie, ma comprendeva l'importante contributo che stava dando al progresso in questo campo”, gli ha fatto eco il professor Muhammad M. Mohiuddin, docente di Chirurgia e Direttore scientifico del Programma di xenotrapianti cardiaci presso l'UMSOM.
Anche il primo intervento, realizzato nel gennaio del 2022, si è concluso con la morte di David Bennett, un uomo di 57 anni.
"Le sue condizioni hanno iniziato a peggiorare diversi giorni fa. Dopo che è diventato chiaro che non si sarebbe ripreso, gli sono state somministrate cure palliative. È riuscito a parlare con la sua famiglia nelle sue ultime ore di vita", si legge nel comunicato dell'Università del Maryland.
Il trapianto era considerato l'ultima speranza per Bennett. “La scelta era fra morire o fare il trapianto”, aveva spiegato l'uomo. “So che è un salto nel buio, ma è l'ultima occasione che ho”.
I medici dello University of Maryland Medical Center non potevano procedere con il trapianto da donatore umano perché le regole lo impediscono nei casi in cui la salute del paziente è troppo compromessa.
Il chirurgo Bartley Griffith sostiene che con questo intervento il mondo “è più vicino a risolvere il problema della carenza di organi”. Ogni giorno negli Stati Uniti 17 persone muoiono in attesa di un trapianto.
Da anni si profila la possibilità dello xenotrapianto (trapianto di organi provenienti da specie diverse, ndr) per venire incontro alla grande domanda di organi, e da tempo si utilizzano valvole cardiache di origine suina in cardiologia.
Lo scorso ottobre, alcuni chirurghi di New York hanno annunciato di aver trapiantato con successo il rene di un maiale in un essere umano, tuttavia il ricevente aveva una diagnosi di morte cerebrale con nessuna possibilità di recupero.
L'operazione al sig. Bennett è durata oltre 7 ore. Per settimane, l'uomo è stato tenuto in vita solo grazie alle macchine dopo che gli era stata diagnosticata una malattia cardiaca terminale.
Per alcune settimane, l'uomo è riuscito a respirare in maniera autonoma, comunque costantemente monitorato. Il maiale utilizzato per il trapianto è stato geneticamente modificato per disattivare diversi geni che avrebbero portato a una crisi di rigetto dell'organo.
“È la prima volta che facciamo qualcosa del genere e mi piace pensare di aver dato a quest'uomo una speranza che non avrebbe avuto con le normali terapie”, aveva spiegato il dott. Griffith. “Ma non posso dire se vivrà per un giorno, una settimana, un mese o un anno”. Alla fine, la speranza dei medici e dei familiari del paziente si è spenta dopo un paio di mesi.
«Negli ultimi due anni, i colleghi americani hanno condotto sperimentazioni di xenotrapianto renale su diversi pazienti in morte cerebrale - spiega Emanuele Cozzi, professore ordinario di Immunologia dei trapianti all'Università di Padova - . Questi pazienti ricoverati in terapia intensiva, che non potevano donare organi a loro volta, hanno ricevuto reni di maiale geneticamente modificati. I risultati sono stati solo in parte pubblicati dal professor Montgomery, anche se un paio di mesi fa ha rilasciato una dichiarazione che alla New York University loro hanno mantenuto in vita per più di 60 giorni un paziente in morte cerebrale che aveva ricevuto uno xenotrapianto di rene»
«La novità, adesso, è che un paziente vivo, consenziente, pienamente conscio di quello che gli veniva proposto ha accettato di ricevere per la prima volta al mondo uno xenotrapianto da rene di maiale ingegnerizzato - aggiunge Cozzi -. Per quanto riguarda il rene, il genoma del maiale ha non 10 ma 69 modificazioni ed è stato descritto in uno studio pubblicato su Nature. E, fatto ancora più da rimarcare, le modifiche vanno a distruggere in maniera selettiva anche delle sezioni del genoma di maiale che hanno come ruolo quello di codificare per retrovirus porcini, (i cosiddetti Perv) ovvero virus tipici del maiale che fino ad oggi costituivano uno degli ostacoli principali all'applicazione clinica dello xenotrapianto. Quindi all'efficacia e all'accettabilità fisiologica fino a 60 giorni, come dimostrato dai lavori di Montgomery non ancora pubblicati, si aggiunge un livello di qualità in più, che è quello della sicurezza. Anche se sono trascorsi 4 o 5 giorni dal trapianto di Boston e ancora si dovrà attendere l'evoluzione clinica delle prossime settimane, sulla carta si tratta di un grosso passo avanti».
«Settant'anni dopo il primo trapianto di rene e sei decenni dopo l'avvento dei farmaci immunosoppressori, siamo sull'orlo di una svolta epocale nel campo dei trapianti. Solo al MGH ci sono oltre 1.400 pazienti in lista d'attesa per un trapianto di rene. Alcuni di questi pazienti purtroppo moriranno o si ammaleranno troppo per essere trapiantati a causa dei lunghi tempi di attesa per la dialisi. Sono fermamente convinto che gli xenotrapianti rappresentino una soluzione promettente alla crisi della carenza di organi», ha affermato Riella.
Le informazioni di medicina e salute non sostituiscono
l'intervento del medico curante
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