Non è sempre preferibile aumentare il dosaggio della radioterapia in caso di cancro al seno. Lo rivela una nuova ricerca olandese presentata a Milano durante la European Breast Cancer Conference.
La ricerca Young Boost Trial ha coinvolto 2.421 pazienti con meno di 50 anni trattate in 32 centri di Olanda, Francia e Germania. Dopo la chirurgia per asportare il tumore e dopo la radioterapia sull'intera mammella, le pazienti sono state divise in due gruppi: una parte ha ricevuto il cosiddetto «boost», cioè la dose aggiuntiva standard di radioterapia (16 Gray in 8 applicazioni) e un'altra è stata sottoposta a un dosaggio intensificato (26 Gray in 13 applicazioni). Nella maggior parte dei casi è stata somministrata anche la chemioterapia.
«Le pazienti giovani con cancro al seno hanno generalmente prognosi peggiori delle pazienti più anziane e maggiori probabilità di una recidiva nello stesso sito dopo il trattamento chirurgico conservativo - ha spiegato Sophie Bosma, radioterapista del The Netherlands Cancer Center di Amsterdam e prima autrice della sperimentazione -. Volevamo capire se fosse possibile ridurre il rischio di ricaduta locale somministrando una dose aggiuntiva elevata di radiazioni».
Le donne sono state monitorate circa 12 anni, nel corso dei quali 109 hanno accusato una recidiva alla stessa mammella. 61 di loro avevano ricevuto il consueto dosaggio boost di radioterapia, 48 invece erano state sottoposte al dosaggio intensificato (il 2,8%).
Tuttavia, il 48% delle pazienti trattate con alte dosi hanno anche dovuto affrontare una fibrosi al seno severa o moderata, rispetto al 27% delle donne curate con lo standard. «La radioterapia alla mammella può causare un indurimento del tessuto irradiato - spiega al Corriere della Sera Icro Meattini, professore associato di Radioterapia e direttore della Breast Unit dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi di Firenze -: la fibrosi è causata da un accumulo di tessuto cicatriziale e può essere molto fastidiosa, oltre che impattare a livello estetico».
«In entrambi i gruppi i tassi di recidiva locale sono stati molto bassi, migliori di quanto ci aspettassimo, e la differenza minima, per cui bisogna pesare bene il rischio di effetti collaterali come la fibrosi - ha commentato Bosma -. Il beneficio che si ottiene con una dose elevata di radiazioni non giustifica le conseguenze estetiche negative che possono derivarne».
«Intensificare la terapia non è sempre la risposta giusta. Lo standard attuale nelle donne giovani con una diagnosi di carcinoma mammario ai primi stadi, visti gli esiti di questo studio, si conferma la strategia ottimale», conclude Meattini.
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