È più comune fra gli uomini, ma sembra causare più danni fra le donne. Si tratta della cefalea a grappolo, disturbo che si manifesta con episodi molto dolorosi che durano anche ore e che si possono ripetere per giorni o settimane.
A fare chiarezza sulla malattia è un nuovo studio pubblicato su Neurology da un team del Karolinska Institutet di Stoccolma che ha preso in esame 874 persone con diagnosi di cefalea a grappolo.
«La cefalea a grappolo è considerata un disturbo a predominanza maschile, ma è stato notato che le femmine possono mostrare un fenotipo più grave. Gli studi sulle differenze di sesso nella cefalea a grappolo sono stati finora contrastanti, quindi abbiamo cercato di fornire, con il nostro ampio studio, informazioni precise sulle caratteristiche sesso-specifiche della malattia», spiega Carmen Fourier, prima autrice dello studio.
Solo il 34% del campione era formato da donne, ma queste ultime avevano maggiori probabilità di ricevere una diagnosi di cefalea a grappolo cronica (18%) rispetto agli uomini (9%). Gli attacchi erano peraltro più lunghi fra le donne.
L'8% delle donne ha affermato di avere attacchi di mal di testa che si ripetevano in media per 4-7 mesi, rispetto al 5% degli uomini. Attacchi lunghi meno di un mese interessavano il 26% delle donne rispetto al 30% degli uomini.
Le donne riferivano inoltre più spesso degli uomini di avere attacchi in vari momenti della giornata (74% e 63%), così come avevano maggiori probabilità degli uomini di avere un membro della famiglia con una storia di cefalea a grappolo (15% e 7%).
Gli attacchi della cefalea a grappolo si raggruppano in periodi di uno-due mesi, detti appunto grappoli, intervallati da diversi mesi di benessere, con un dolore quotidiano (da una crisi ogni due giorni fino a otto crisi al giorno), della durata compresa tra 15 e 180 minuti, che compare spesso alla stessa ora. Il dolore è violento, intensissimo, trafittivo, lancinante, descritto come una “pugnalata o un chiodo nell'occhio”. Si accompagna a segni autonomici quali lacrimazione, arrossamento congiuntivale, ptosi, miosi, ostruzione nasale, rinorrea, sudorazione facciale. Il paziente si presenta agitato, irritabile, in continuo movimento come “un animale in gabbia”.
Fra tutti i cefalalgici, è l'esempio più tipico di chi vive nel terrore della ricomparsa delle crisi dolorose e quello che inevitabilmente arriva dal medico in condizioni di estrema agitazione e inquietudine. E quindi ha più bisogno degli altri cefalalgici di un trattamento d'emergenza, rapido ed efficace.
Dominare rapidamente l'attacco di questa cefalea non è facile e i pochi strumenti d'emergenza che riescono a farlo in misura e durata variabile si sono dimostrati finora di ridotta maneggevolezza, a discapito di una normale conduzione di vita del paziente: inalazione di ossigeno puro da effettuarsi in ambiente ospedaliero a pressione costante di 10-15 litri al minuto o somministrazione sottocutanea di sumatriptan, un'altra misura terapeutica che, per quanto autosomministrabile, non può certo essere effettuata senza controllo dello specialista.
Fonte: Neurology 2022. Doi: 10.1212/WNL.0000000000201688
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