Sentire le voci è sinonimo di pazzia nel linguaggio comune. In realtà, le allucinazioni uditive non avrebbero un legame automatico con una condizione psicotica.
Ad affermarlo è uno studio italo-austriaco coordianato dalla psicologa clinica Maria Quarato, responsabile del centro "Ediveria" (Associazione per la ricerca internazionale e la consulenza sull'udire voci") con sede a Vienna, convenzionata con l'Università degli Studi di Padova.
La ricerca è stata portata avanti in collaborazione con Alessandro Salvini e Antonio Iudici.
"Dai nostri studi e soprattutto dalla pratica clinica e psicoterapeutica - afferma Quarato - è emerso il fallimento di chi etichetta come psicotiche o schizofreniche persone perfettamente sane. Già la psichiatria ortodossa accetta che il 10% della popolazione generale abbia fenomeni più o meno complessi di allucinazioni, ma non riesce a superare il dogma di associare chi sente le voci a una patologia importante. Ebbene, nessuna delle 139 persone con allucinazioni uditive seguite soddisfaceva i criteri del Dsm 5 per la diagnosi di psicosi".
"I questionari somministrati - aggiunge Maria Quarato in una nota - riguardavano anche persone provenienti da strutture psichiatriche con diagnosi infauste. Spesso il processo diagnostico peggiora la condizione dell'uditore di voci: sia per gli effetti collaterali degli psicofarmaci somministrati ben oltre il periodo necessario a gestire le emergenze, sia per gli effetti prodotti dall'idea di essere malati mentali".
"Ascoltando attentamente ogni storia - prosegue Quarato - si scopre che il problema non sono le voci in modo specifico, ma le teorie attraverso cui l'uditore cerca di spiegare le sue voci, e tra le tante c'è anche l'idea di essere mentalmente malati. Le voci sono solo un modo attraverso cui le persone cercano di affrontare aspetti psicologici che necessitano di essere gestiti, sarebbero insomma solo un modo di pensare, per esprimere parti di sé alcune volte in conflitto, come può capitare a molti. Solo che l'uditore è in grado di attivare voci che 'raccontano' questi diversi punti di vista".
"Come confermano tanti ricercatori ormai - continua - sentire le voci non è quindi il segno di una patologia, ma una propensione neurologica che la psichiatria ha catalogato nella diagnostica imperante, ma che è sempre stata presente in ogni società e in ogni epoca, e che in alcune culture, addirittura, diviene un'abilità da acquisire con la formazione e la pratica. Le voci delle persone intervistate erano di ogni genere: angosciose, persecutorie, critiche, consolatorie, incoraggianti, come possono esserlo i pensieri di tutti, e molto spesso vengono attivate dall'uditore per risolvere la condizione, sempre più frequente nella nostra società, di solitudine, che è il vero problema che psicologi e psichiatri spesso sono chiamati ad affrontare".
Chi sente le voci, quindi, è in realtà un “pensatore dialogico”; in molti casi, le persone attivano le voci consapevolmente, in maniera intenzionale. In molti altri casi, i soggetti tendono a nascondere questo aspetto della propria vita per paura di essere etichettati come pazzi.
“Una studentessa universitaria italiana a Vienna, ad esempio - prosegue la Quarato - mi ha raccontato che quando non ha voglia di studiare, riesce ad attivare la voce della mamma che l'ammonisce, come fosse al suo fianco, e solo così riesce a concentrarsi nello studio. Questa ragazza è perfettamente consapevole che quella voce materna l'ha cercata e prodotta attraverso i suoi processi immaginativi fino ad udirla come 'vera'. E come lei, ce ne sono tantissimi".
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