Un gene specifico, JARID1C, mutato e inattivato nel tumore renale, svolge un ruolo essenziale nell'assemblaggio del DNA. A scoprirlo è un nuovo studio di un gruppo di ricercatori dell'Unità di Genomica Funzionale del Cancro dell'IRCCS Ospedale San Raffaele.
Poiché nelle cellule malate il gene è inattivato, il DNA risulta più “sciolto†e più facilmente danneggiabile, a vantaggio del tumore. La ricerca è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Journal of Clinical Investigation.
A partire dall'analisi del TGCA (The Cancer Genome Atlas), il database internazionale che raccoglie una grande quantità di dati sulle mutazioni genetiche legate a determinati tipi di tumore, i ricercatori hanno studiato un gene, JARID1C, che in una significativa percentuale di pazienti affetti da tumore al rene presentava una mutazione. Gli studiosi hanno perciò cercato di capire in che modo le mutazioni di questo gene fossero legate al cancro, scoprendo che nelle cellule malate il DNA è più “scioltoâ€, con una quantità anomala di molecole di RNA libere di circolare. Questo RNA a sua volta può danneggiare il DNA e provocare instabilità all'interno della cellula. È proprio questa instabilità a offrire un grande vantaggio al tumore, che risulta così più aggressivo, multiforme e resistente alle terapie.
I ricercatori al momento stanno cercando di sfruttare proprio questa instabilità cellulare per indurre l'apoptosi, ossia la morte della cellula malata, somministrando farmaci che interferiscono con i meccanismi di riparazione del DNA lesionato, che in una cellula tumorale funzionano già a pieno regime. “Sottoponendo questi meccanismi a uno stress ancora maggiore, la cellula va in tilt e non è più in grado di riparare il DNA, che risulta frammentato: in questo modo la cellula malata muoreâ€, spiega Beatrice Rondinelli, prima autrice dello studio.
“Questa ricerca apre la via a futuri studi per sviluppare farmaci in grado di indurre l'apoptosi delle cellule tumorali in pazienti affetti da neoplasie aggressive e al momento incurabiliâ€, continua Giovanni Tonon, capo dell'Unità Genomica Funzionale del Cancro.
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