Da adesso in poi non ci sono più alibi per chi nega l'esistenza stessa dell'Insufficienza Venosa Cronica Cerebrospinale, la patologia venosa scoperta sette anni fa da Paolo Zamboni, dell'Università di Ferrara.
Da adesso, tutti gli operatori hanno a disposizione per la prima volta tutti gli elementi per fare una diagnosi accuratissima e attendibile, non operatore-dipendente: basterà che seguano le “Raccomandazioni per uno screening multimodale non invasivo e invasivo per l'individuazione di anomalie venose extracraniche indicative di insufficienza venosa cronica cerebrospinale: linee guida della Società Internazionale per le Malattie Neurovascolari”. Questo il titolo dell'articolo pubblicato in questi giorni sul sito della prestigiosa rivista scientifica Journal of Vascular and Interventional Radiology (JVIR).
Secondo gli autori, sotto gli auspici della Società Internazionale per le Malattie Neurovascolari (ISNVD) - il massimo organismo internazionale che si occupa di malattie neurovascolari - sono state create tra i 2011 e il 2012 dai membri della stessa ISNVD quattro commissioni di esperti per determinare e standardizzare i protocolli di imaging sia non invasivo che invasivo per l'individuazione di anomalie venose extracraniche indicative di insufficienza venosa cronica cerebrospinale (CCSVI). Le commissioni hanno creato gruppi di lavoro su ecocolordoppler (US), risonanza magnetica (MR), venografia con catetere (CV), ed ecografia intravascolare (IVUS). A questi gruppi di lavoro sono stati invitati a dare il loro contributo membri non ISNVD di altre società scientifiche.
Grazie al lavoro degli oltre 60 massimi esperti di neurologia, radiologia, chirurgia vascolare, e radiologia interventistica coinvolti, sono stati sviluppati protocolli standardizzati di imaging non invasivo e invasivo per l'individuazione di anomalie venose extracraniche indicative di CCSVI.
Queste linee guida della ISNVD presentano per la prima volta i protocolli di imaging per la RM e l'ecografia intravascolare e descrivono raffinati protocolli per l'ecocolordoppler (US) e la venografia con catetere (CV).
Gli esperti sottolineano inoltre la necessità dell'uso di imaging multimodale non invasivo e invasivo per diagnosticare adeguatamente e monitorare le anomalie venose extracraniche indicative di CCSVI in studi in aperto (open-label), o studi randomizzati, in doppio cieco controllati.
“Le linee guida dell'ISNVD costituiscono un atteso e ineludibile punto di riferimento per la libera ricerca medica che si occupa di CCSVI in quanto patologia a sé stante”, afferma Gabriele Reccia, presidente dell'Associazione CCSVI nella SM. “E saranno uno strumento di verità non solo per confermare il legame esistente tra CCSVI e malattie neurodegenerative come la Sclerosi Multipla ma anche per disegnare nuovi studi interventistici di cui la ricerca medica seria non può fare a meno”.
L'Associazione CCSVI nella SM ricorda che in Italia è in corso Brave Dreams, la sperimentazione clinica multicentrica guidata dal prof Zamboni, che darà alla comunità scientifica e ai malati risposte certe sulla sicurezza ed efficacia dell'angioplastica dilatativa venosa nei malati di CCSVI e SM.
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