Un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Brain, Behavior, and Immunity - Health, organo ufficiale della Psychoneuroimmunology Research Society (PNIRS), smentisce un'ipotesi molto diffusa: la risposta anticorpale al vaccino anti SARS-CoV-2 non risulta influenzata dal lavoro su turni. La ricerca, condotta presso l'Università degli Studi di Milano e il Centro Cardiologico Monzino di Milano, ha infatti dimostrato che non ci sono differenze significative nella risposta immunitaria tra lavoratori turnisti e non turnisti. La prima autrice dello studio è Elena Faioni, ematologa dell'Università degli Studi di Milano.
I risultati dello studio hanno sorpreso anche lo stesso team di ricerca, dato che la letteratura scientifica tende a evidenziare un legame tra una normale qualità del sonno e una risposta immunitaria più robusta. Numerosi studi precedenti hanno infatti mostrato come la privazione del sonno nei giorni prossimi alla vaccinazione riduca l'efficacia vaccinale. Gli autori avevano quindi ipotizzato che, nei lavoratori turnisti, la risposta anticorpale al vaccino anti-Covid fosse compromessa, ma i dati non hanno validato questa ipotesi.
La discrepanza con i risultati precedenti potrebbe derivare da vari fattori. In primo luogo, la maggior parte delle ricerche precedenti è stata condotta su soggetti giovani e sani, mentre i partecipanti di questo studio - il personale dipendente del Centro Cardiologico Monzino - appartengono alla popolazione generale, con età più avanzata e la possibilità di patologie pregresse. Un altro elemento rilevante potrebbe risiedere nella natura cronica della disorganizzazione del sonno nei lavoratori turnisti, che può protrarsi per anni, rispetto alla privazione del sonno acuta studiata nelle precedenti ricerche. Inoltre, la risposta anticorpale osservata potrebbe variare in relazione ai vaccini mRNA di nuova generazione.
Gli autori e autrici sottolineano la necessità di ulteriori indagini per confermare questi risultati in contesti più ampi e con diverse tipologie di vaccinazioni o esposizioni infettive. Le implicazioni di questi studi potrebbero influenzare le politiche di salute pubblica, specialmente in un mondo sempre più orientato a un funzionamento costante, 24 ore su 24, 7 giorni su 7.
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