Donare un rene è un gesto significativo, spesso associato nell'opinione comune a una sorta di sacrificio. Si pensa che la perdita di un organo a favore di un'altra persona riduca la speranza di vita di chi compie il gesto.
Secondo una ricerca pubblicata sull'American Journal of Transplantation, i donatori con più di 55 anni mostrano un'aspettativa di vita e di salute cardiovascolare simile ai coetanei non donatori.
Il nefrologo Peter Reese, coautore dello studio, spiega: "precedenti ricerche sui rapporti fra età e malattie renali o cardiache hanno sollevato preoccupazioni circa l'aspettativa di vita dei donatori di rene più anziani, e approfondire l'argomento è stato lo scopo del nostro lavoro".
Il trial ha coinvolto 3.368 soggetti di 55 anni e oltre e un campione di controllo dello stesso numero, ma sano. Tutti i partecipanti sono stati seguiti per poco meno di 8 anni.
I ricercatori hanno confrontato i dati emersi con quelli relativi a un archivio Medicare, il servizio pubblico di assistenza sanitaria statunitense destinato agli anziani privi di assicurazione medica.
"I donatori hanno totalizzato un maggior numero di accessi al pronto soccorso, ma ciò dipende con ogni probabilità da controlli legati al follow-up successivo alla donazione", precisa il ricercatore.
Ovviamente l'aspetto potenzialmente negativo è la maggiore probabilità di incappare in una insufficienza d'organo per qualsiasi causa con conseguente ricorso alla dialisi.
"I nostri dati forniscono nuove informazioni che speriamo possano facilitare il processo decisionale dei pazienti anziani che stanno pensando di donare un rene", conclude Reese.
In effetti, donare un rene espone a un rischio lievemente superiore di insufficienza renale. A dirlo è uno studio pubblicato su Jama da un gruppo di ricercatori della Johns Hopkins University di Baltimora.
Il dott. Abimereki Muzaale, coordinatore della ricerca, spiega: “ogni anno negli Stati Uniti circa 6.000 adulti sani affrontano una donazione di rene per aiutare familiari, amici o sconosciuti. Ed è imperativo che i rischi connessi a tale donazione vengano approfonditi, comunicandoli agli interessati nel modo più chiaro e trasparente possibile”.
I medici hanno confrontato l'incidenza dell'insufficienza renale in stadio terminale nei soggetti che avevano scelto la donazione con quella dei non donatori. Del campione hanno fatto parte 96.217 donazioni avvenute negli Stati Uniti fra il 1994 e il 2011 e oltre 20mila partecipanti al Third National Health and Nutrition Examination Survey (Nhanes III), seguiti dai centri Medicare e Medicaid per verificare lo sviluppo o meno dell'insufficienza renale, utilizzando come parametri l'inizio della dialisi, la posizione in lista per il trapianto o la ricezione di un trapianto renale da donatore vivente o defunto.
Stando ai dati, l'incidenza a 15 anni era del 30,8 per 10mila fra i donatori e del 3,9 fra i non donatori. “Le probabilità di sviluppare la patologia erano più elevate tra gli afroamericani, indipendentemente dallo status di donatore”, spiega il ricercatore, spiegando che all'età di 80 anni il rischio stimato saliva rispettivamente a 90 e a 14 per 10.000. “Va precisato, comunque, che il rischio di insufficienza renale in stadio terminale nei donatori non supera quello della popolazione generale”.
In un commento che accompagna la pubblicazione, il dott. John Gill della University of British Columbia di Vancouver precisa: “sarebbe facile interpretare erroneamente questi risultati concludendo che la donazione di rene è una procedura rischiosa. In realtà, gli autori hanno evidenziato che il rischio assoluto di insufficienza renale in stadio terminale tra donatori viventi è estremamente basso. Questo è il dato chiave, che non implica alcuna necessità di modificare le esistenti linee guida”.
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