Procreazione assistita e rischio di cancro

I nati con queste tecniche mostrano un rischio più alto

Uno studio dell'Università di Taiwan pubblicato su Jama Network rivela un rischio di cancro leggermente superiore per i bambini nati con tecniche di procreazione assistita.
È un tema affrontato molte volte dai ricercatori di tutto il mondo, che non sono mai giunti a conclusioni certe. Ora il nuovo studio ha analizzato i dati raccolti fra il 2004 e il 2017 relativi a oltre 2 milioni e 300 mila triadi genitori-figlio. Di questo numero facevano parte coppie che avevano concepito naturalmente e coppie infertili o subfertili che avevano fatto ricorso a Pma.
"I colleghi di Taiwan - ragiona Filippo Maria Ubaldi, presidente Sifes-MR, Società Italiana di Fertilità e Sterilità e Medicina della Riproduzione e membro del Tavolo per la ricerca e la formazione nella prevenzione e cura dell'infertilità del ministero della Salute - hanno rilevato numeri davvero bassi, siamo nell'ordine di 12 casi di tumore su 10.000 (in termini percentuali siamo allo 0,00012%) nati da concepimento spontaneo, contro 20 su 10.000 (0,0002% ) nati da Pma: parliamo di 8 casi di tumore in più ogni 10.000 nati, una frequenza assolutamente attribuibile al caso. La presenza di significatività statistica non implica che esiste una relazione di causa-effetto tra Pma e malattia oncologica pediatrica. Basti pensare al numero elevatissimo di fattori confondenti che possono entrare in gioco negli studi come questo di cui parliamo, cioè di quegli elementi che non hanno a che vedere con le tecniche di procreazione assistita, ma che possono comunque influenzare il dato finale".
Uno dei possibili fattori confondenti è la stessa causa di infertilità dei genitori che ricorrono alla Pma, legata spesso a caratteristiche genetiche che li predispongono a un rischio aumentato di sviluppare malattie neoplastiche.
"Come la positività alle mutazioni dei geni BRCA - riprende a spiegare Ubaldi - e a questi vanno aggiunti la possibile esposizione a fattori inquinanti o nocivi presenti nell'ambiente degli adulti, prima, durante o dopo la gestazione, e l'esposizione ambientale degli stessi bambini, così come il loro stesso background genetico".
"Ben vengano tutti gli studi che monitorano nel tempo la salute delle persone venute al mondo grazie a tecniche di laboratorio, però in modo che producano dati controllati e solidi - conclude l'esperto - per evitare allarmismi, timori, nei confronti di tecnologie che alle volte rappresentano l'unica speranza di concepimento per le coppie infertili".

18/10/2022 17:00:00 Andrea Piccoli


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