Mai aggiungere sale sulle pietanze a tavola, pena l'aumento del rischio di malattie renali. A dirlo è uno studio pubblicato su Jama Network Open da un team britannico che ha preso in esame oltre 460.000 persone, nessuna delle quali soffriva di una malattia renale all'inizio della ricerca.
Suddivisi in più gruppi a seconda dell'aggiunta di sale ai cibi, i partecipanti sono stati seguiti in media per 12 anni. È così emerso che chi consumava più sale aveva anche un rischio aumentato del 29 per cento di sviluppare una malattia renale cronica, dato che è sceso all'11 per cento in chi ne faceva un uso frequente e al 7 in chi lo aggiungeva ai cibi solo ogni tanto.
«Le persone che affermavano di aggiungere sale più di frequente erano anche quelle con uno stile di vita meno salutare e altre problematiche di salute come pressione alta, diabete, sovrappeso e obesità - fa notare al Corriere della Sera il professor Giuseppe Castellano, direttore dell'Unità di Nefrologia, dialisi e trapianti di rene dell'IRCCS Fondazione Policlinico di Milano e professore associato all'Università degli Studi di Milano -. Pur tenendo in considerazione questi fattori confondenti, è però rimasta evidente l'associazione tra consumo di sale e malattia renale. L'alta concentrazione di sodio nel sangue sovraccarica i reni e, nel tempo, questa sollecitazione costante può danneggiare questi “filtri” e aumentare il rischio di sviluppare insufficienza renale cronica».
L'aumento della pressione sanguigna è la conseguenza più nota legata al consumo di sale. «L'eccesso di sodio nel sangue aumenta la ritenzione di liquidi, aumentando il volume del sangue e di conseguenza la pressione che esercita sulle pareti dei vasi sanguigni - puntualizza Castellano -. L'ipertensione, a sua volta, è un importante fattore di rischio per le malattie cardiovascolari, a partire da infarto e ictus».
Il consumo di sale stimola anche la ritenzione idrica che porta a un maggior gonfiore a livello di gambe e piedi. Alcuni studi associano poi l'utilizzo di sale a osteoporosi e malattie autoimmuni come artrite reumatoide e lupus eritematoso sistemico.
«Recenti studi mostrano la potenzialità del sodio di infiammare particolari cellule immunitarie, in grado di stimolare la produzione di sostanze infiammatorie. L'infiammazione sistemica, sebbene a bassi livelli, nel tempo può avere importanti ripercussioni metaboliche, immunitarie e ormonali», aggiunge Castellano.
«L'ideale è seguire una dieta varia ed equilibrata come quella mediterranea. Il sale di norma non andrebbe aggiunto ai cibi perché questi lo contengono già, soprattutto gli alimenti processati (come insaccati, snack salati, cibi pronti e condimenti confezionati), il cui consumo andrebbe ridotto a favore di opzioni fresche e preparate in casa - suggerisce Castellano -. Per dare più sapore ai cibi, si può sostituire il sale con spezie ed erbe aromatiche. Altro accorgimento utile è quello di leggere con attenzione le etichette degli alimenti quando si va a fare la spesa, cercando di identificare prodotti senza sale aggiunto o a basso contenuto di sodio».
Le informazioni di medicina e salute non sostituiscono
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