Una diversa rielaborazione dei suoni nella dislessia

La corteccia uditiva sinistra coinvolta nel disturbo

Nei soggetti dislessici è stata osservata una compromissione dell'elaborazione tipica di frequenze sonore associate ai fonemi, elementi più piccoli che formano le parole, provocando così una difettosa decodifica del linguaggio.
Una presenza di maggiore risposta alle alte frequenze sonore è una loro caratteristica che influenzerebbe negativamente la capacità di ricordare le parole giacché da questa errata elaborazione acustica deriverebbe anche una rappresentazione distorta del linguaggio a livello cerebrale. Del resto è noto da anni che l'emergere della scrittura anche nell'uomo primitivo si è ottenuta in seguito alla possibilità che l'essere umano ha avuto nella sua evoluzione di rappresentare internamente il linguaggio, visualizzandolo dentro di sé come se fosse scritto. È quindi probabile che il disturbo che è alla base della dislessia sia collegato anche a un'alterata rappresentazione semantica del linguaggio. Questo fenomeno comporterebbe un deficit di memoria verbale, che è l'epifenomeno del disturbo stesso. È a scuola che molto spesso si evidenzia per la prima volta la dislessia, proprio per i problemi di apprendimento che essa comporta. Lo studio in questione è stato pubblicato su Neuron, “La corteccia uditiva sinistra dei dislessici potrebbe
rispondere meno efficientemente a frequenze molto specifiche ottimali per l'analisi del linguaggio, e allo stesso tempo potrebbe rispondere eccessivamente a frequenze più elevate'', spiega Anne-Lise Giraud dell'Ecole Normale Superieure di Parigi (Francia), responsabile della ricerca che pone l'accento proprio sui problemi di memorizzazione a breve termine eventualmente prodotti da questo fenomeno.


dr.ssa Anna Saito


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