L'utilizzo degli inibitori di pompa protonica è associato a un aumento del rischio di demenza. È la conclusione di uno studio pubblicato su Alzheimer's & Dementia da un team del Rigshospitalet di Copenaghen coordinato da Nelsan Pourhadi, che commenta: «Gli IPP sopprimono la produzione di acido gastrico e sono utilizzati nel trattamento di patologie come l'ulcera peptica e la malattia da reflusso gastroesofageo, con prescrizioni gradualmente aumentate negli ultimi due decenni, specie sopra i 40 anni».
Gli inibitori di pompa protonica attraversano la barriera ematoencefalica e il loro uso è associato a emicrania, neuropatia periferica e disturbi dell'udito, della vista e della memoria.
«Nei topi, gli IPP aumentano i livelli di beta-amiloide nel parenchima cerebrale e potrebbero essere coinvolti nello sviluppo della malattia di Alzheimer (AD), anche se non è noto se ciò valga anche per gli esseri umani», spiega Pourhadi.
Nello studio i ricercatori hanno valutato l'associazione fra IPP e demenza in età diverse in un campione di 1.983.785 soggetti fra 60 e 75 anni fra il 2000 e il 2018.
«Durante il follow-up, si sono verificati 99.384 casi di demenza per tutte le cause, e il tasso di incidenza della demenza durante trattamento con IPP è stato del 36% per l'età compresa tra 60 e 69 anni, del 12% tra 70 e 79 anni, del 6% fra 80 e 89 anni, con un rapporto diretto tra durata del della terapia con IPP e tassi crescenti di demenza», sottolineano gli autori, precisando che dopo i 90 anni l'uso di IPP non era associato a demenza.
«Servono ulteriori studi per verificare se questi risultati sono un effetto causale degli IPP sul rischio di demenza e per confermare o meno le differenze di rischio in base all'età alla diagnosi di demenza e ai sottotipi di demenza», conclude Pourhadi.
Fonte: Alzheimer's & Dementia: the journal of the Alzheimer's Association 2023. Doi: 10.1002/alz.13477
Alzheimer's & Dementia: the journal of the Alzheimer's Association
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