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alla 1° pagina..) coordinato dal professor Matteo Iannacone, Direttore della Divisione di Immunologia, Trapianti e Malattie Infettive dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e rientrato in Italia, dopo una lunga esperienza di ricerca negli Stati Uniti, grazie al Career Development Award della Fondazione Armenise-Harvard.
Il virus dell’epatite B (HBV) si trasmette per contatto con sangue infetto, per via sessuale o da madre a figlio durante il parto. Diversamente da ciò che accade quando un adulto contrae il virus, oltre il 90% dei bambini contagiati alla nascita sviluppano la forma cronica di epatite B. Nei pazienti colpiti da questa infezione cronica il sistema immunitario non riesce a debellare il virus responsabile della malattia, che continua a sopravvivere e riprodursi all’interno delle cellule del fegato.
Attualmente esiste un vaccino preventivo per la malattia, ma i pazienti che ne sono già affetti non ne possono beneficiare. La ricerca scientifica sta progredendo notevolmente nel campo degli antivirali, per cui il San Raffaele è un punto di riferimento internazionale.
Le ricerche del gruppo di Matteo Iannacone, in stretta collaborazione con l’unità diretta dal professor Luca Guidotti, vicedirettore scientifico dell’Istituto, hanno infatti contribuito in questi anni a sviluppare alcuni degli antivirali oggi comunemente utilizzati per trattare la malattia nella sua forma cronica.
Da cosa dipende l’inefficacia del sistema immunitario e come si può risvegliare la sua azione? A questa domanda i ricercatori avevano già risposto con alcuni dati pubblicati su Nature nel 2019. I ricercatori avevano dimostrato, attraverso un’analisi molecolare realizzata grazie a tecniche di microscopia intravitale, che i linfociti T, cellule del sistema immunitario deputate ad attaccare il virus HBV, non riescono a debellare l’infezione e risultano disfunzionali fin dalla loro attivazione.
Il lavoro di caratterizzazione dei linfociti T disfunzionali aveva anche permesso ai ricercatori del San Raffaele di identificare delle molecole più adatte ed efficaci a risvegliare queste cellule. Tra queste c’è l’interleuchina-2, una molecola-messaggero del sistema immunitario, che agisce come una sorta di immunoterapia, già sperimentata con successo sia in cellule in coltura, ottenute da campioni di pazienti, sia nel modello animale.
L’interleukina-2, purtroppo, se somministrata in maniera sistemica, produce gravi effetti collaterali: aumenta infatti la permeabilità dei vasi sanguigni, causando un grave edema. Questo accade perché la molecola non riesce a raggiungere unicamente il suo bersaglio, i linfociti T, ma agisce anche sulle cellule Natural Killer – che inducono tossicità, e inoltre su cellule regolatorie che inibiscono la risposta immune.
I risultati appena pubblicati sulla rivista Science Translational Medicine aggiungono un tassello a quelli pubblicati nel 2019. Grazie alla collaborazione con l’azienda Asher Biotherapeutics che produce l’interleuchina-2, i ricercatori sono riusciti a sperimentare questa molecola, sviluppando un approccio detto di “cis-targeting”: l’interleuchina- 2, coniugata con un anticorpo specifico, riesce a indirizzarsi solo sui linfociti T, attivandoli in maniera corretta contro la malattia.
“Abbiamo visto - sui modelli murini di malattia - che, somministrando questo tipo di immunoterapia, i linfociti T si espandono di numero e aumentano la loro funzione, ovvero rilasciano citochine in grado di inibire la replicazione virale ed eliminano le cellule infette, abbattendo di fatto il virus”, commenta il professor Matteo Iannacone.
I risultati hanno dunque dimostrato, in modelli preclinici di epatite B e nel sangue di persone sane, la sicurezza, la bassa tossicità e l’efficacia terapeutica di questo approccio innovativo.
“Oltre ad approcci antivirali, è possibile pensare finalmente a una strategia di immunoterapia. Il prossimo passo è quello di testare sull’uomo questo approccio, in combinazione con gli antivirali”, conclude il ricercatore.
La ricerca è stata sostenuta dallo European Research Council (ERC), da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, dal Ministero della Salute e dal Ministero dell’Università e della Ricerca.
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11/01/2024 Andrea Sperelli
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