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alla 1° pagina..) persone con malattia neurodegenerativa, che tiene conto delle indicazioni supportate da studi scientifici eseguiti anche su campioni numerosi di popolazione".
Le indicazioni alimentari valide soprattutto per gli anziani prevedono un largo uso di frutta e verdura e una dose adeguata di vitamina E e vitamina B12.
L'alimentazione per prevenire l'Alzheimer è da sempre un interessante campo di ricerca. È in corso ad esempio un progetto di ricerca dell'Istituto Neurologico Besta di Milano per l'analisi degli effetti scaturiti da una speciale dieta “salva memoria”, basata ovviamente sui principi della dieta mediterranea.
I ricercatori del Besta, in collaborazione con il Policlinico, l'Istituto nazionale tumori e il San Raffaele di Milano, stanno testando il regime alimentare messo a punto su 350 volontari con età massima di 85 anni. I soggetti che fanno parte del campione si trovano nella fase immediatamente precedente l'insorgenza della patologia, come spiega Fabrizio Tagliavini, coordinatore della sperimentazione: “un'area grigia in cui si registrano episodi di declino cognitivo lieve e i biomarcatori del liquor cerebrospinale segnalano l'inizio di una situazione anomala, con tassi ridotti di proteina beta-amiloide (che segnalano il fatto che si è innescato il processo di deposizione nelle placche cerebrali responsabile dei danni alla memoria) e livelli innalzati di proteina Tau".
Secondo il progetto di ricerca, i pazienti verranno attivamente coinvolti frequentando corsi di cucina e mangiando almeno due volte alla settimana insieme ai ricercatori, sempre sulla base della dieta preparata, definita dagli stessi “dieta mediterranea 'rigorosa', integrata con elementi macrobiotici".
Si tratterà di un regime alimentare ipocalorico fondato sul consumo di “cereali integrali (pane, pasta e riso che contiene alcuni polifenoli antinfiammatori), legumi come fonte proteica primaria, pesce e qualche latticino (yogurt e formaggi freschi)", spiega Patrizia Pasanisi dell'Unità di medicina preventiva e predittiva dell'Int.
Del resto non è la prima volta che l'alimentazione assurge a fattore preventivo dell'Alzheimer. Modificare la propria alimentazione riducendo l'apporto di grassi saturi, infatti, può prevenire il rischio di sviluppare la demenza che precede l'Alzheimer (AD). Questo modello alimentare tuttavia non sarebbe in grado di esercitare un'influenza positiva quando si è già in presenza di sintomi di difficoltà cognitiva.
Lo sostiene una ricerca pubblicata su Archives of Neurology, sulle cui pagine gli autori avvertono: “un approccio più proficuo per lo studio dei fattori dietetici nell'AD potrebbe comportare l'utilizzo di interventi dietologici globali, che hanno validità ecologica maggiore e preservano l'ambiente nutrizionale in cui si verifica il consumo di grassi e carboidrati".
Scienziati del Veterans Affairs Puget Sound Health Care System di Seattle, guidati da Jennifer L. Bayer-Carter, hanno messo a paragone due tipi di regimi alimentari, uno con alto contenuto di grassi saturi e di carboidrati semplici, l'altro con basso contenuto degli stessi. Gli effetti sono stati valutati su un gruppo di 20 pazienti anziani sani e 29 anziani che mostravano una compromissione cognitiva lieve amnestica (aMCI), una condizione che preannuncia l'insorgenza della patologia. Durante lo studio, durato quattro settimane, 24 partecipanti hanno seguito la dieta ad alto contenuto di grassi e 25 quella a basso contenuto. I ricercatori hanno quindi testato le prestazioni dei volontari in vari test mnemonici, oltre ai livelli di biomarcatori come l'insulina, la glicemia, i componenti del liquido cerebrospinale e il colesterolo. Fra gli individui sani la dieta a basso contenuto di grassi ha determinato una riduzione di alcuni biomarcatori nel liquido cerebrospinale e i livelli di colesterolo totale, mentre lo stesso effetto non si è registrato fra chi soffriva già di aMCI. Secondo i ricercatori, “i risultati indicano che per gli adulti sani la dieta ALTA ha spinto i biomarcatori CSF in una direzione che può caratterizzare una fase presintomatica di AD. Gli effetti terapeutici di lungo termine dell'intervento dietetico possono essere una strada promettente da esplorare", concludono gli autori. "Inoltre, l'identificazione dei cambiamenti fisiopatologici alla base degli effetti dietetici possono rivelare importanti bersagli terapeutici da modulare attraverso la dieta o un intervento farmacologico mirato".
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15/11/2014 Andrea Sperelli
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