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“Visto che non ci sono finora prove nell’uomo sul coinvolgimento della NT nelle malattie da eccesso di grasso nel fegato – spiega la dottoressa Ilaria Barchetta, Università ‘La Sapienza’ di Roma – con questo studio abbiamo indagato la correlazione tra i livelli ematici di pro-NT (il frammento della NT dosabile nel sangue) e la presenza e severità di NAFLD e NASH in una popolazione adulta; abbiamo inoltre esplorato quali siano i fattori associati ad aumento delle concentrazioni di pro-NT nel sangue”. Questo studio è stato effettuato su 320 soggetti, di entrambi i sessi ed età media di circa 50 anni, afferenti presso il Centro di Diabetologia dell’Università Sapienza di Roma per eseguire valutazioni metaboliche. Nell’ambito di questa popolazione, 60 soggetti sono stati sottoposti a chirurgia bariatrica, in quanto affetti da obesità patologica e, nel corso dell’intervento, sono state effettuate biopsie epatiche per la diagnosi di steatosi epatica; 40 di questi pazienti sono stati sottoposti anche a biopsia del grasso addominale per esplorare la presenza di infiammazione del tessuto adiposo. Nei 260 partecipanti allo studio che non avevano indicazione alla chirurgia bariatrica, la presenza di steatosi epatica è stata indagata mediante ecografia addominale. I livelli circolanti di pro-NT sono stati dosati con metodo di chemioluminescenza, in collaborazione dell’Università svedese di Lund, che da tempo studia il ruolo di questa proteina in ambito cardiovascolare e oncologico.
“Il nostro studio ha dimostrato – rivela la dottoressa Barchetta - che i livelli ematici di pro-NT sono significativamente più alti nei pazienti affetti da NAFLD rispetto a quelli dei soggetti senza steatosi epatica. Inoltre, alte concentrazioni ematiche di pro-NT si associano ad una maggiore gravità della steatosi epatica ed al riscontro di steatoepatite alla biopsia del fegato”. Elevati livelli di pro-NT sono stati trovati nei soggetti più anziani, nelle femmine, nei pazienti insulino-resistenti e con diabete mellito di tipo 2, in presenza di infiammazione del grasso addominale. Le analisi statistiche hanno dimostrato che la correlazione tra maggiori livelli circolanti di pro-NT e il riscontro di NAFLD e NASH è indipendente da possibili fattori di confondimento come il sesso, l’età e la presenza di diabete e sindrome metabolica.
In conclusione, elevati livelli circolanti di pro-NT permettono di identificare la presenza e la severità di malattie da accumulo epatico di grasso come la NAFLD e la NASH e inoltre si associano alla presenza di fenomeni infiammatori a carico del grasso addominale. La NT, favorendo l’assorbimento dei grassi alimentari, potrebbe da un lato promuovere il deposito di grasso direttamente nel fegato e lo sviluppo di fenomeni infiammatori epatici; dall’altro, indurre insulino-resistenza nell’organismo e lo sviluppo di malattie metaboliche correlate come il diabete di tipo 2.
I risultati di questo studio dimostrano che il dosaggio ematico della pro-NT è in grado di identificare la presenza di steatosi epatica e steatoepatite, condizioni patologiche severe e associate ad aumento della mortalità cardiovascolare. La misurazione della pro-NT permetterebbe pertanto di adottare strategie di stratificazione nel rischio cardiovascolare più accurate nella popolazione generale, e più in particolare tra gli individui affetti da malattie metaboliche e diabete di tipo 2, che per definizione sono ad alto rischio cardiovascolare. Finora era noto che la NT fosse in grado di predire a lungo termine lo sviluppo di obesità e diabete di tipo 2 ma non si era a conoscenza di una possibile associazione tra questa proteina e la presenza di malattie del fegato associate ad aumentata mortalità cardiovascolare come la NAFLD e la NASH. Questo studio ha dimostrato per la prima volta nell’uomo l’esistenza di una correlazione tra pro-NT e NAFLD/NASH, già osservata nei modelli animali, e ha evidenziato una nuova associazione tra NT e presenza di infiammazione del grasso addominale, condizione identificata solamente negli ultimi anni e che riscuote notevole interesse nel campo della ricerca in quanto potenziale causa di diabete di tipo 2, steatosi epatica e, in genere, di malattie metaboliche associate all’obesità.
“Attraverso questo studio – commenta la professoressa Maria Gisella Cavallo, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Università Sapienza, Roma - abbiamo individuato nella neurotensina un nuovo importante biomarcatore di steatosi epatica e steatoepatite. Per i suoi effetti sull’assorbimento dei grassi è possibile ipotizzare un ruolo della neurotensina nei meccanismi di accumulo del grasso epatico e la possibilità, attraverso la sua modulazione, di prevenire o curare questa condizione”.
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08/10/2018 Andrea Sperelli
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