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alla 1° pagina..) molto frequente. Infatti si calcola che il 12% della popolazione può ricevere diagnosi di emicrania. Se consideriamo le donne in età fertile la percentuale sale al 20% e l’incidenza è maggiore nel periodo che va dall’adolescenza alla menopausa. Calcoliamo che la disabilità provocata dalla malattia cronica incide pesantemente sulla vita del paziente nel 3% dei casi sia da un punto di vista sanitario che sociale. Conosciamo due tipi di emicrania, senza aura e con aurea. La prima più frequente a differenza della seconda con aura. Ma cos’è l’aura? È un fenomeno della durata variabile da pochi minuti a un’ora che preceda l’insorgenza della crisi e in questo caso il paziente percepisce dei bagliori. Altre volte descrive fenomeni scintillanti, possono manifestarsi con macchie nere o scotomi”. “In altri casi - prosegue Calabresi - l’aura può dare sensibilità a un arto e in casi più rari può determinare un disturbo di forza che può mimare addirittura un ictus cerebrale. Molte volte questi pazienti vanno al pronto soccorso e vengono classificati come pazienti con Tia che invece si rivela emicrania con aura. È frequente l’emicrania senza aurea e il dolore in genere è unilaterale e pulsante a un lato del capo. Mentre nella cefalea tensiva si avverte la sensazione di costrizione di tutto il capo. L’altro fattore importante sono i sintomi associati come la nausea e il vomito. Il paziente soffre di fotofobia e fonofobia, per questo il paziente emicranico è costretto a stare nella propria stanza al silenzio e al buio ed è inibito nel lavoro. Si comprende come le caratteristiche dell’emicrania siano particolari e diverse. La diagnosi è clinica; l’esperto la effettua sulla base della sintomatologia riferita dal paziente”.
Dopo quanti ‘attacchi’ ricorrenti è bene recarsi dallo specialista?
“Laddove ci siano dei dubbi sulla diagnosi il medico di famiglia o il neurologo prescrivono al paziente un accertamento con tac o risonanza magnetica cerebrale per distinguere le cefalee primarie, di cui abbiamo parlato, da quelle secondarie collegate piuttosto a malattie neurologiche con una emorragia cerebrale, una meningite o un tumore cerebrale. Questo vale anche per le persone che hanno alle spalle una lunga storia di emicrania. In generale invece è bene rivolgersi allo specialista e non fare da soli la terapia, quando si verificano due o tre attacchi al mese e se le crisi sono violente e disabilitanti. È bene evitare l’automedicazione che spesso è comune tra le persone. Se invece il soggetto lamenta oltre 3 crisi a settimana siamo davanti a una emicrania cronica che ha bisogno di una terapia di profilassi per ridurre l’intensità e la frequenza delle crisi. Oggi l’esperto - specifica il professor Calabresi - ha a disposizione nuove terapie che potremmo definire di precisione. Anche grazie ai ricercatori italiani è stata scoperta una molecola che si chiama ‘Cgrp’, che causa una vasocostrizione vasi delle meningi, e degli anticorpi monoclonali, somministrati per via sottocutanea mensilmente riescono ad attutire l’intensità e la frequenza delle crisi. Tali farmaci sono capaci di bloccare il dolore in maniera permanente e sono privi di effetti collaterali e hanno dimostrato sicurezza e tollerabilità. Ma a causa del costo del farmaco l’ente regolatore, in Italia l’Aifa, ha predisposto che il paziente può accedere a questa cura solo dopo aver fallito tre terapie. È un momento storico di grande interesse per la patologia emicrania perché coinvolge prevalentemente le donne soprattutto in età centrale per la sua presenza nel mondo del lavoro, nel sociale e in famiglia. Poter avere a disposizione tali farmaci sartoriali è una importante risorsa. Oggi c’è la chiara percezione che l’emicrania è una malattia ad alto impatto nella vita e nel lavoro di coloro che ne sono affetti”.
Si può prevenire l’emicrania o comunque modificare alcune abitudini per ridurre l’entità degli attacchi?
“Il periodo più vulnerabile è quello perimestruale. Se è particolarmente debilitante si può fare una terapia di mini profilassi per tali giorni. Anche gli anticoncezionali orali possono indurre l’emicrania e laddove non rappresentino una scelta essenziale la paziente può valutare con il ginecologo altre strategie da mettere in campo. Inoltre fattori scatenanti le crisi sono: lo stress, il fumo, l’alcool e la mancanza di sonno che dovrebbe essere regolare. Alcuni cibi ricchi di glutammato. Oggi si discute molto sul ruolo della dieta, tradizionalmente si diceva che facilitavano le crisi gli insaccati, i cibi con i conservanti, la cioccolata, che invece in alcuni casi può essere un sollievo. Evitare pasti pesanti e cibi grassi. Va sfatato il mito che ‘il caffè fa male’: sì a consumare 3 tazzine al giorno. Un capitolo a parte è da riservare alla ‘cefalea del week-end’: molte persone per fronteggiare la normale attività quotidiana abusano di caffè e nel week end riducono l’introito. Questo ‘rebound’ può causare la ben nota ‘cefalea del week-end’, anche perché si scarica lo stress”.
Donne ed emicrania, pensiamo anche alle donne che ricorrono a Pma. Dunque che ruolo giocano in questa partita gli ormoni? cosa si può fare per stare meglio?
“Sia gli estrogeni che il testosterone possono peggiorare il quadro. La somministrazione esogena degli ormoni sessuali, come accade nella Pma, può essere un fattore scatenante. Le emicraniche che hanno paura della tempesta ormonale, durante la gravidanza invece stanno meglio. La gravidanza, con il corteo ormonale che cambia, può dare un enorme beneficio a queste donne che possono essere prive durante i 9 mesi di attacchi emicranici. In generale, in casi di mal di testa frequenti, no al ‘fai da te’. È bene consultare il medico di base o se persiste è consigliabile farsi valutare da un neurologo”.
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14/03/2022 Andrea Sperelli
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