(2° pagina) (Torna alla 1° pagina..) Nello specifico, si tratta dell'antipilettico carbamazepina e gli inibitori di mTOR. Su modello murino, i ricercatori hanno osservato la capacità delle sostanze di eliminare i mitocondri danneggiati e di ricostituire quelli sani, ripristinando così il corretto turnover.
La terapia potrebbe rivelarsi fondamentale per la cura della sclerosi tuberosa complessa, e di conseguenza per l'autismo indotto da questa patologia.
«La sclerosi tuberosa è una sindrome neurocutanea – spiega il prof. Ezio Di Rocco, ordinario di Neurochirurgia infantile all’Università Cattolica di Roma - le cui principali caratteristiche cliniche sono la presenza di lesioni cutanee, ritardo mentale ed epilessia. L’incidenza della patologia è circa 1 su 150.000 nati vivi, di cui due terzi dei casi sono sporadici, cioè non legati a una trasmissione familiare, mentre un terzo dei casi viene trasmesso con un’eredità di tipo autosomico dominante».
Attualmente vengono considerate responsabili della malattia le alterazioni a carico di due geni, l’hamartina, localizzato sul cromosoma 9q34 e la tuberina, localizzato sul cromosoma 16p13.3. La malattia si può manifestare in vari organi con le seguenti caratteristiche cliniche: a livello della cute e degli annessi cutanei determina frequentemente la formazione di fibromi e di macchie cutanee; a livello del sistema nervoso centrale si caratterizza per la presenza di lesioni malformative dello sviluppo corticale (tuberi), e in una significativa percentuale di casi per lo sviluppo di neoplasie istologicamente benigne, originate da cellule di supporto alle cellule nervose (astrocitoma a cellule giganti). Altre possibili manifestazioni cliniche sono neoplasie a partenza dalla muscolatura cardiaca, cisti renali e neoplasie, più frequentemente benigne, del rene.
«La diagnosi della patologia è essenzialmente di tipo clinico – spiega il dr. Gianpiero Tamburrini, ricercatore di Neurochirurgia infantile alla Cattolica – anche se sono disponibili test genetici specifici. Dal punto di vista clinico, il 90% dei pazienti con sclerosi tuberosa sviluppa epilessia, il 50% dei quali diventa resistente alla terapia farmacologia, mentre il 60% sviluppa ritardo mentale. Risulta comprensibile come, per la terapia di tale condizione, sia fondamentale un approccio multidisciplinare, medico e chirurgico, volto a trattare i sintomi della patologia, non esistendo attualmente una terapia eziologia della malattia».
«Per il neurochirurgo – continua Di Rocco - questa patologia rappresenta una sfida terapeutica in quanto si trova a dover affrontare, a volte contemporaneamente, le seguenti problematiche: la presenza di un’epilessia farmacoresistente e un astrocitoma a cellule giganti e conseguente idrocefalo dovuto a un’ostruzione della circolare liquorale».
L’insorgenza delle crisi epilettiche è quasi invariabilmente durante il primo anno di età con un picco d’incidenza durante il quarto o quinto mese di vita. In questi pazienti le crisi tendono a essere di tipo parziale motorio e si associano nella grande maggioranza dei casi alla presenza di spasmi infantili.
«Le crisi sono – aggiunge Tamburrini -, nella maggior parte dei casi, dovute alla presenza di tuberi che altro non sono che aree di displasia focale conseguenti ad una migrazione neuronale aberrante durante la corticogenesi».

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Notizie specifiche su: autismo, sclerosi, tuberosa, 19/10/2016 Andrea Piccoli


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