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Un gruppo di ricerca guidato da Richard Tsien e Orrin Devinsky della NYU Grossman School of Medicine ha cercato di identificare le mutazioni genetiche che potrebbero contribuire alla Sudc. Per fare ciò, hanno sequenziato il Dna di 124 casi Sudc e dei loro genitori. Il Dna è stato estratto da campioni raccolti attraverso il registro Sudc e la collaborazione di centri ricerca. I ricercatori si sono quindi concentrati su 137 geni associati a disturbi cardiaci o convulsivi, entrambi i quali possono scatenare la morte improvvisa. La ricerca ha evidenziato che nei casi di Sudc, questi geni contenevano significativamente più mutazioni di quanto ci si aspetterebbe. La maggior parte erano mutazioni de novo, il che significa che mentre sono state trovate nel bambino, non sono state trovate in nessuno dei genitori. Una manciata di mutazioni potenzialmente dannose in questi geni si è verificata nei genitori. In questi casi, la mutazione si è manifestata anche nella prole l’80% delle volte, più spesso di quanto ci si aspetterebbe per caso.
I ricercatori hanno identificato 11 particolari mutazioni che potrebbero causare problemi di salute. Si stima che queste mutazioni contribuiscano alla morte nel 9% dei casi. Molte delle mutazioni si sono verificate in un gruppo di geni che regolano il calcio nei neuroni e nelle cellule del muscolo cardiaco. I cambiamenti del calcio in queste cellule controllano la trasmissione del segnale nervoso e la contrazione muscolare. Le mutazioni in uno dei geni, Ryr2, sono state collegate a problemi cardiaci. Le mutazioni in un altro, Cacna1c, sono state collegate a un disturbo raro, chiamato sindrome di Timothy, che può colpire il cuore, gli arti, i muscoli e il cervello. I risultati suggeriscono che la segnalazione alterata del calcio può svolgere un ruolo significativo nel Sudc e sottolineano anche l’importanza delle mutazioni de novo.
“Il nostro studio è il più grande del suo genere, fino a oggi, ed è il primo a dimostrare che ci sono cause genetiche definite di Sudc e il primo a riempire qualsiasi parte del quadro di rischio - sottolinea Tsien - Oltre a fornire conforto ai genitori, le nuove scoperte sui cambiamenti genetici coinvolti si accumuleranno nel tempo, riveleranno i meccanismi responsabili e serviranno come base per nuovi approcci terapeutici”. Il National Institute on Drug Abuse (Nida) e il National Institute of Mental Health (Nimh) del Nih hanno supportato il lavoro di ricerca e i risultati sono apparsi negli Atti della National Academy of Sciences il 28 dicembre 2021. Secondo i ricercatori “studi su campioni più grandi potrebbero rivelare ulteriori fattori di rischio genetico. L’identificazione di questi fattori di rischio è il primo passo verso lo sviluppo di interventi medici salvavita”.
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08/02/2022 Andrea Sperelli
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