(2° pagina) (Torna alla 1° pagina..) la ricerca di base e clinica si è focalizzata su alcuni aspetti del complesso rapporto tra dieta e malattie dell'apparato digerente e gli studi disponibili ci forniscono alcuni elementi chiave, per fornire consigli dietetici basati sulle evidenze che possano affiancarsi o sostituire le terapie farmacologiche".
Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI), malattia di Crohn e rettocolite ulcerosa sono malattie infiammatorie dell'intestino di cui non si conosce la causa. Colpiscono più spesso soggetti giovani dai 20 ai 40 anni, ma possono interessare anche i bambini e i sintomi più comuni sono il dolore addominale e la diarrea, associati spesso a perdita di peso e febbre.
Sebbene la causa non sia nota, si sa che concorrono a determinare queste malattie fattori genetici (spesso più casi si presentano infatti nella stessa famiglia) e ambientali come il fumo di sigaretta e la dieta. L'alimentazione, in particolare, ha un ruolo determinate nell'insorgenza delle MICI: queste malattie, una volta appannaggio del Nord Europa e nel Nord America, sono in aumento nei paesi del bacino del Mediterraneo a causa della progressiva occidentalizzazione della dieta con il consumo crescente di zuccheri raffinati, di bevande gassate ad alto contenuto di fruttosio, di alimenti processati (esempio i salumi), di grassi saturi e di carni rosse. Una dieta ricca di carboidrati complessi, di grassi insaturi, di frutta e verdura, come la dieta mediterranea, ha invece un ruolo protettivo.
Il paziente con MICI è solito domandare al suo medico che cosa può mangiare e, se non riceve una risposta, tende a evitare tutta una serie di alimenti che considera dannosi come il latte, la frutta e la verdura, i cibi piccanti, i fritti. Le restrizioni sono così esasperate che a volta sono causa di gravi deficit nutrizionali e hanno un impatto negativo sulla qualità della vita, sulla socialità e sul benessere psicologico. In realtà solo l'intolleranza al lattosio è scientificamente riconosciuta nelle malattie croniche intestinali: l'infiammazione della parete intestinale determina la perdita dell'enzima "lattasi" fondamentale per la digestione del lattosio che, rimanendo ingerito nell'intestino, richiama acqua peggiorando la diarrea o viene fermentato dai batteri, determinando gonfiore. L'intolleranza al lattosio nelle MICI è spesso transitoria e si verifica nelle fasi acute. Alcuni pazienti manifestano una intolleranza al glutine. Le fibre specie insolubili possono anch'esse peggiorare i sintomi.
Tenendo presente che non esiste una dieta veramente "specifica" per le MICI, i consigli dietetici e quindi l'offerta di piatti dedicati deve rispettare pochi principi basilari.

Nelle fasi acute e cioè in presenza di sintomi si dovranno:
- eliminare i latticini freschi, consentendo il consumo di formaggi stagionati e di latte senza lattosio;
- eliminare i cibi piccanti che stimolano i movimenti intestinali; anche il caffè può stimolare la motilità ed è da ridurre;
- ridurre frutta e verdura, consentendo centrifugati, passati, puree e vellutate;
- evitare alimenti integrali, favorire uso di cereali più digeribili e senza glutine.

Nelle fasi di remissione la dieta deve contenere tutte le componenti incluse le fibre privilegiando quelle solubili.

Da limitare l'uso di carni rosse e di alimenti processati, consigliata invece l'assunzione di carni bianche, di pesce e di carboidrati complessi. Un apporto calorico adatto e una regolare attività fisica completano uno stile di vita adeguato.

Fegato Grasso e Steatoepatite non alcolica
La steatosi epatica non alcolica comprende l'infiltrazione grassa del fegato e la steatoepatite non alcolica, una variante meno frequente, ma più importante. La steatoepatite non alcolica (NASH) viene diagnosticata il più delle volte in pazienti tra i 40 e i 60 anni, ma può verificarsi in tutte le età, può progredire verso malattie epatiche gravi come la cirrosi o il cancro epatocellulare. Molti pazienti affetti presentano obesità, diabete di tipo 2 e/o sindrome metabolica.
Poiché nessun farmaco è stato ancora approvato per il trattamento della NASH, gli interventi dietetici e l'esercizio fisico sono generalmente considerati i capisaldi del trattamento di queste patologie.
Diverse associazioni scientifiche evidenziano l'importanza della perdita di peso mirando a una riduzione del 7%‐10% del peso corporeo raggiunta con una dieta ipocalorica.
Vari studi sono concordi sul beneficio della dieta mediterranea nei pazienti con queste patologie. Contenendo verdure, frutta, cereali integrali, noci e legumi, olio d'oliva e pesce, la dieta mediterranea è stata promossa per la perdita di peso e il miglioramento dei parametri metabolici; inoltre previene le malattie cardiovascolari.
Negli ultimi anni si stanno accumulando prove che supportano un effetto piuttosto dannoso dell'alcool e recenti linee guida raccomandano l'astinenza completa.
È invece possibile consumare fino a un massimo di 3 tazze di caffè al giorno. La caffeina sembra infatti potenziare l'espressione di sostanze antiossidanti come il glutatione, assicurando effetti benefici sul fegato.
Noci e semi contengono diversi composti bioattivi che sono stati considerati benefici per la salute umana, tra cui FA monoinsaturi e FA polinsaturi, proteine vegetali, fibre, minerali, vitamine, tocoferoli, fitosteroli e polifenoli: un recente studio ha riportato una prevalenza significativamente più bassa di fegato grasso, nei pazienti che consumavano frutta a guscio, almeno 4 volte a settimana.
Notizie specifiche su: gastrointestinale, dolore, alimentazione, 28/03/2023 Andrea Sperelli


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