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alla 1° pagina..) World Drug Report delle Nazioni Unite l'ha sperimentata il 14,6 per cento della popolazione di età compresa fra i 15 e i 64 anni, ma la percentuale sale molto fra gli adolescenti dove, secondo la relazione annuale 2013 e il primo semestre 2014 del Dipartimento politiche antidroga ha una prevalenza che si attesta su valori superiori al 20% (consumo negli ultimi 12 mesi), registrando un incremento di 1,9 punti percentuali nel primo semestre del 2014.
“La cannabis è una sostanza che, soprattutto in adolescenza, si colloca sul confine tra normalità e patologia – afferma lo psichiatra Federico Tonioni -. È necessario lavorare su questo confine per mettere meglio in luce gli elementi predittivi e i segnali precoci di una tossicodipendenza, che può strutturarsi definitivamente in età adulta”.
“L’uso intenso e costante della cannabis negli adolescenti indica un disagio preesistente più profondo e possibili conseguenze che vanno dal ritiro sociale, sintomi depressivi e spunti psicotici, oltre a una diminuzione della capacità di concentrazione che può incidere sulle performance scolastiche. Intervenire tempestivamente significa prevenire la realizzazione di questi rischi”.
Ma anche l’uso saltuario o “ricreativo” della cannabis non è certo senza conseguenze. “In questo caso i rischi sono correlati all’assunzione concomitante di altre sostanze - aggiunge Tonioni - e, quindi, alla perdita dello stato di orientamento e di vigilanza, con maggiore probabilità di provocare incidenti e attivare comportamenti impulsivi, Soprattutto se mischiata ad alcool e anfetamine”.
Spesso il consumo di cannabis viene considerata una sorta di iniziazione all’uso di sostanze stupefacenti, una sorta di primo passo di una scalata verso il consumo di altre e più pericolose droghe come la cocaina. “Anzitutto va considerato che hashish e maryuana non sono percepite dai ragazzi come stupefacenti e questi sembrano farne un uso sempre più leggero – considera Tonioni -. È senz’altro vero che nonostante il principio attivo di queste sostanze sia aumentato, intensificando gli effetti e probabilmente le conseguenze a lungo termine, le droghe leggere restano diverse da quelle pesanti, perché non provocano una dipendenza fisica manifesta e perché, soprattutto tra gli adolescenti, sanciscono spesso più un rito di passaggio, che una vera e propria condizione patologica”. Lo spinello ‘pesante’ esiste in parallelo alla possibilità che un giovane ne faccia un uso intenso e costante, rinunciando a pensare ed entrando sempre meno in relazione con gli altri. “Sono questi i casi in cui il passaggio a sostanze chimicamente più potenti – conclude Tonioni - diventa quasi un’evoluzione inevitabile ed evidenzia come sia l’uso, o meglio, lo scopo che si propone a essere ‘pesante’, prima ancora della potenza del principio attivo”.
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18/03/2015 Arturo Bandini
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