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alla 1° pagina..) sono definite dall'acronimo Veo-Ibd (Very early onset inflammatory bowel disease). «In 37 bambini con Veo-Ibd», spiega Bramuzzo, «la terapia con talidomide si è rivelata efficace e ottimamente tollerata: effetti collaterali sono stati registrati solo nel 36% dei casi, percentuale molto inferiore a quanto osservato in pazienti adolescenti (77%). Può sembrare una casistica ridotta ma, trattandosi di malattie rare e di pazienti con caratteristiche molto selezionate, la numerosità di questa popolazione è rilevante. Ancor più interessante è il fatto che il farmaco ha permesso una prolungata remissione della malattia in una percentuale significativa di bambini».
La durata del trattamento va da un minimo di un anno a un massimo di 9 anni. «La nostra società con questo studio ha consentito di aggiungere un nuovo farmaco nell'ambito del trattamento di queste patologie complesse del bambino», sottolinea Claudio Romano, presidente Sigenp e direttore dell'Uo di Gastroenterologia pediatrica e Fibrosi cistica dell'Università di Messina. «Inoltre, va considerato il relativo basso costo di questa terapia rispetto ad altri farmaci. Ma, al di là dei risultati positivi, non bisogna dimenticare che l'indicazione all'utilizzo di talidomide va discussa con adeguata attenzione con i medici del centro dove il bambino è seguito».
«I risultati osservati con il nostro studio sono tra quanto di meglio si sia mai ottenuto», continua Bramuzzo. Finora, infatti, le patologie intestinali infantili venivano trattate con gli stessi farmaci usati negli adulti, con esiti tuttavia poco soddisfacenti.
I ricercatori hanno confrontato due gruppi di pazienti, bambini con Veo-Ibd e bambini con Ibd a esordio pediatrico (pIbd).
I due gruppi sono stati posti a confronto - lungo 39 cicli di trattamento con talidomide - in termini di persistenza sul trattamento, cause della sospensione del farmaco, tasso di remissione clinica e di guarigione della mucosa a 1, 2 e 3 anni, ed eventi avversi. La persistenza del trattamento a 1, 2 e 3 anni è stata - rispettivamente - del 68,2% (intervallo di confidenza al 95% [CI], 50,8%-80,6%), 57,0% (IC 95%, 39,6%-71,1%) e 50,9% (IC 95%, 33,7%-65,8%) nei pazienti con Veo-Ibd e dell'81,7% (IC 95%, 65,3%-90,9%), 60,0% (IC 95%, 41,7%-74,3%) e 33,0% (IC 95%, 17,4%-49,5%) in quelli con pIbd. Una percentuale significativamente più elevata di pazienti con Veo-Ibd ha interrotto la terapia a causa della mancanza di efficacia (48,2% vs 17,2%; P = 0,03), mentre gli eventi avversi sono stati la ragione principale per l'interruzione del trattamento nei pazienti con pIbd.
Fra i due gruppi non sono emerse differenze significative nei tassi di remissione clinica e di guarigione della mucosa. Un numero significativamente inferiore di pazienti con Veo-Ibd ha manifestato eventi avversi rispetto ai pazienti con pIbd (14 [35,9%] vs 30 [76,9%]). «La talidomide», concludono i ricercatori, «è un trattamento efficace e tollerato nei bambini con Veo-Ibd. In questi ultimi, l'interruzione della somministrazione del farmaco dovuta alla mancanza di efficacia è più frequente rispetto ai bambini con pIbd, ma gli eventi avversi sono meno comuni».
«Ovviamente anche questo farmaco ha i suoi limiti ed è per questo che la terapia deve essere monitorata attentamente per eventuali eventi avversi in centri con adeguata esperienza», osserva Romano. «La Sigenp, con i suoi gruppi specializzati anche in questo settore, conferma di essere una società scientifica che svolge una proficua attività di ricerca clinica a livello internazionale nel campo delle malattie complesse del bambino».
Fonte: Inflammatory Bowel Diseases 2023 Feb 17. doi: 10.1093/ibd/izad018
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04/05/2023 Andrea Sperelli
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