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alla 1° pagina..) maggiore aggressività biologica, unità all’assenza di quei recettori (ormonali ed HER2) diventati target di trattamento negli altri istotipi, hanno finora limitato l’efficacia delle cure farmacologiche, basate sulla chemioterapia (combinata con chirurgia e radioterapia).
Uno scenario che si appresta però a cambiare grazie all’avvento dell’immunoterapia. L’aggiunta di pembrolizumab alla chemio prima dell’intervento e la sua somministrazione in monoterapia dopo la chirurgia sembra infatti determinare un significativo miglioramento dell’outcome rispetto a quello determinato dalla sola chemioterapia.
Tumore al seno triplo negativo: i risultati dello studio che premia pembrolizumab
Nello studio sono state coinvolte 1.174 donne, suddivise in due gruppi per ricevere pembrolizumab e chemioterapia o quest’ultima da sola sia prima sia dopo l’intervento chirurgico.
Prima di determinare il miglioramento della sopravvivenza, l’aggiunta dell’immunoterapia ha fatto crescere la quota di donne che nei cinque anni non ha subìto una recidiva della malattia (81,2 per cento rispetto al 72,2 per cento registrato con la sola chemioterapia) e ridotto il rischio di morte (-34 per cento) rispetto alla chemioterapia.
Risultati positivi, dunque, anche in quelli che erano gli endpoint primari dello studio.
I dati dello studio Keynote-522 sono stati commentati con grande enfasi a Barcellona, sede del congresso dell’Esmo: “Finora non si erano mai visti risultati di questa portata in una patologia così aggressiva”, ammette Giuseppe Curigliano, direttore della divisione sviluppo di nuovi farmaci per terapie innovative all’Istituto europeo di oncologia e ordinario di oncologia medica all’Università di Milano.
“Avere una percentuale superiore all’86 per cento anche per il tumore al seno triplo negativo significa che abbiamo fatto progressi enormi. Per il triplo negativo il 95 per cento delle recidive si verifica nei primi tre anni. Se si supera questo intervallo, possiamo considerare una paziente guarita”, conclude lo specialista, chiamato a guidare la comunità scientifica europea degli oncologi nel biennio 2027-2028.
Un altro aspetto su cui riflettere deriva dal dato di sopravvivenza libera da eventi registrato con la sola chemioterapia (72,2 per cento). Come dichiarato a Esmo Daily Reporter da Carmen Criscitiello, specialista nell’unità operativa diretta da Curigliano, ciò equivale a dire che “molti pazienti in realtà stanno bene con la sola chemioterapia. Dobbiamo quindi essere in grado di identificare quali pazienti hanno maggiori probabilità di avere una prognosi favorevole senza immunoterapia, in modo da evitare anche lo sviluppo di forme di tossicità immuno-correlata”.
Condizioni che, nello studio clinico, si sono esplicitate con una frequenza doppia (44,8 per cento) rispetto a quanto registrato nel gruppo trattato con la sola chemioterapia (22,9). E in diverse forme: reazione nella sede di infusione (18 per cento) e ipotiroidismo (15) gli eventi avversi registrati con maggiore frequenza.
Verso l’estensione d’uso di pembrolizumab al tumore al seno triplo negativo
La selezione delle pazienti sarà importante anche per ragioni finanziarie: “Molti Paesi hanno restrizioni e non sono in grado di rimborsare l’immunoterapia – conclude Criscitiello, che studia anche la possibile integrazione di un’altra forma di immunoterapia nel trattamento della forma più aggressiva di carcinoma della mammella -. Sebbene i benefici dell’assunzione di pembrolizumab siano significativi, la considerazione di questi altri fattori sarà fondamentale per una integrazione efficace e responsabile del regime chemioimmunoterapico nella pratica clinica”.
Sulla base dei risultati dello studio Keynote-522, Merck Sharp & Dohme procederà prima a livello europeo e poi nazionale con la richiesta di estensione d’uso di pembrolizumab anche al trattamento del tumore al seno triplo negativo.
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17/09/2024 Andrea Sperelli
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