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alla 1° pagina..) multipla, tanto più considerando che si tratta di una patologia a base autoimmunitaria e trattata per questo con farmaci immunosoppressori”, spiega Filippi.
Gli studi però che si sono accumulati nel campo mostrano che, se è vero che alcuni farmaci immunosoppressivi possono aumentare il rischio di infezione e di complicazioni, le persone con sclerosi multipla possono comunque contare su una buona risposta immunitaria da parte dei linfociti T, come aveva osservato uno studio pubblicato lo scorso anno su Multiple Sclerosis.
"Conosciamo ormai bene come gestire il rischio infettivo con i farmaci immunosoppressivi”, conferma Filippi.
Quello che rimaneva invece ancora da comprendere era se l’infezione potesse incidere sul decorso della malattia, dal momento che, anche nella popolazione generale, riprendersi dal Covid può essere faticoso, specialmente per le persone che hanno avuto le forme più gravi dell’infezione e considerando che diversi sintomi possono durare per settimane o mesi dopo l’infezione acuta (Long Covid). Ma non solo: alcuni studi mostrano un aumentato rischio di condizioni autoimmunitarie dopo il Covid.
Così, per capire se l’infezione potesse influenzare il decorso della sclerosi multipla, inclusi anche i sintomi cognitivi, i ricercatori hanno arruolato nello studio:
174 persone con SM che avevano avuto Covid durante il primo anno di pandemia;
348 persone con SM paragonabili per stato di malattia e terapie, che non avevano contratto l’infezione. Nel corso dei 18-24 mesi successivi l’infezione, i ricercatori hanno effettuato una serie di valutazioni cliniche e neuropsicologiche per capire se la malattia, per effetto del Covid, stesse in qualche modo peggiorando (136 e 186 le persone con SM con e senza infezione inclusi nelle valutazioni finali).
“I risultati ci mostrano che non c’è un’accelerazione della malattia rispetto a chi non ha avuto l’infezione e questi sono dati molto rassicuranti per le persone con sclerosi multipla”, commenta Filippi.
Non cambia la disabilità, non peggiorano ansia e depressione, né a livello clinico si osservano segni che possano far pensare a una progressione diversa della malattia per effetto del Covid.
Gli scienziati puntualizzano, però, che la popolazione studiata era mediamente giovane e i casi di Covid lievi, motivo per cui si raccomandano ulteriori follow-up, più lunghi e per persone con SM che hanno sperimentato sintomatologie più gravi.
“Questi dati sono rassicuranti non solo ora che, complici le campagne di vaccinazione e la diffusione dell’infezione, le caratteristiche del Covid sono cambiate e la malattia fa generalmente meno paura, ma anche nell’ipotesi di una eventuale ripresa come agli inizi della pandemia”, continua Filippi, ricordando che al momento non cambiano però le raccomandazioni in fatto di prevenzione.
Vaccinarsi e seguire le tradizionali misure preventive per scongiurare l’infezione rimangono consigli sempre validi - conclude Filippi - tanto più perché è stato dimostrato che il rischio di infezione aumenta all’aumentare dei rapporti sociali e dei contatti in ambito sanitario”.
“La ricerca continua a essere uno strumento imprescindibile per dare risposte concrete alle persone con SM ed è per questo che è un impegno che rinnoviamo continuamente all’interno della Carta dei Diritti e dell’Agenda della Sclerosi Multipla e patologie correlate”, aggiunge Mario Alberto Battaglia, presidente della Fondazione Italiana Sclerosi Multipla, il braccio della ricerca di AISM, che ha contribuito a finanziare lo studio.
“Aver compreso, proprio grazie alla ricerca, che il Covid non peggiora la malattia è rassicurante in questa nuova fase di convivenza con il virus e per la gestione della sclerosi multipla. E sappiamo e raccomandiamo le misure preventive generali e specifiche, inclusi i vaccini e i farmaci da consigliare preventivamente a chi è immunodepresso. Solo investendo nella ricerca di eccellenza possiamo sperare di fermare la sclerosi multipla e migliorare la qualità di vita delle persone affette”.
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01/12/2023 Andrea Piccoli
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