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alla 1° pagina..) all'inquinamento atmosferico è associata a problemi neurocognitivi (minore memoria di lavoro, attenzione e velocità di elaborazione) e di salute mentale (aumento delle visite al pronto soccorso psichiatrico) nei bambini e negli adolescenti, nonché a un maggiore rischio di sviluppare disturbi psichiatrici.
Ma quali sono i meccanismi alla base di queste associazioni? Secondo alcuni studi, il particolato ha un impatto sulla funzione e sulla struttura del sistema nervoso centrale, probabilmente attraverso processi immunitari e infiammatori.
Il Pm2,5 è in grado di penetrare nei polmoni, indurre un'infiammazione sistemica e aumentare la permeabilità della barriera emato-encefalica, che può portare ad alterazioni del funzionamento del cervello.
Lo studio americano ha analizzato gli effetti dell’esposizione al Pm2,5 sui processi di neurosviluppo, esaminando in particolare il cosiddetto «default mode network» (Dmn), una rete neuronale implicata in vari disturbi neuropsichiatrici, ad esempio depressione, ansia e disturbo da deficit di attenzione/iperattività. Quando siamo impegnati in attività cognitive complesse questa rete si silenzia, mentre si riattiva quando siamo coscienti ma a riposo.
Il Pm2,5 ha un impatto sul cervello attraverso la mucosa olfattiva nasale e, indirettamente, attraverso l'infiammazione sistemica e le risposte immunitarie. Gli autori dello studio hanno dimostrato che un’elevata esposizione al Pm2,5 altera l'equilibrio tra la Dmn e le aree cerebrali legate all'attenzione e all'apprendimento.
«Il presente studio ha dimostrato un legame tra elevate concentrazioni di Pm2,5 e interruzioni nello sviluppo delle reti neurocognitive di base durante la prima adolescenza - spiegano gli autori -. Le implicazioni per la salute mentale stanno diventando sempre più evidenti, dal momento che si prevede un piccolo ma importante aumento delle concentrazioni di Pm2,5 in tutto il mondo nei prossimi 25 anni a causa dei cambiamenti climatici. Questi risultati supportano la revisione delle linee guida sul Pm2,5 e sottolineano l'urgente necessità di valutare in modo esaustivo le conseguenze sul neurosviluppo e sulla salute delle esposizioni a Pm di livello inferiore. Sono necessarie ulteriori indagini per chiarire i meccanismi neurobiologici sottostanti (per esempio infiammazione e reazioni immunitarie) responsabili di questi effetti associati all'inquinamento atmosferico, per sviluppare metodi di prevenzione primaria e secondaria».
A confermare gli effetti negativi dell’inquinamento sullo sviluppo cognitivo è anche una ricerca della Keck School of Medicine della University of Southern California, pubblicata sulla rivista Environment International e finanziata dal National Institutes of Health e dall’EPA. Nello studio i ricercatori hanno utilizzato i dati raccolti da scansioni cerebrali di oltre 9mila partecipanti allo studio Adolescent Brain Cognitive Development (ABCD), il più grande studio nazionale sulla salute cerebrale dei giovani. Le scansioni cerebrali di base considerate appartenevano a bambini di età compresa tra i 9 e i 10 anni. Dopo due anni un sottoinsieme di bambini è stato sottoposto nuovamente a scansione cerebrale, consentendo ai ricercatori di osservare come la connettività cerebrale sia cambiata nel tempo. In particolare, gli scienziati hanno analizzato le reti cerebrali di salienza, frontoparietale, nonché l’amigdala e l’ippocampo, regioni chiave del cervello note per essere coinvolte nelle emozioni, nell’apprendimento, nella memoria e in altre funzioni complesse.
L’esposizione all’inquinamento è stata associata a varie alterazioni cerebrali
Successivamente, i ricercatori hanno utilizzato i dati dell’EPA per mappare la qualità dell’aria nella residenza di ciascun bambino, compresi i livelli di particolato fine (PM2,5), biossido di azoto (NO2) e ozono troposferico (O3). Gli scienziati hanno poi utilizzato strumenti statistici avanzati per studiare il rapporto tra i livelli di inquinamento atmosferico e i cambiamenti della connettività cerebrale nel tempo. Dai risultati è emerso che i bambini esposti a un maggior livello di inquinanti presentano cambiamenti nella connettività tra varie regioni cerebrali. In particolare, una maggiore esposizione al PM2,5 è stata collegata a un aumento della connettività funzionale tra le regioni, mentre una maggiore esposizione al NO2 è risultata legata a una diminuzione relativa della connettività. L’esposizione a livelli più elevati di O3 è stata associata a maggiori connessioni all’interno della corteccia cerebrale, ma a minori connessioni tra la corteccia e altre regioni, come l’amigdala e l’ippocampo.
«Una deviazione in qualsiasi direzione dalla normale traiettoria di sviluppo del cervello, sia che le reti cerebrali siano troppo connesse o che non lo siano abbastanza, potrebbe essere dannosa in futuro», spiega Devyn L. Cotter, ricercatore della Keck School of Medicine e primo autore dello studio. L’interazione tra le varie regioni del cervello consente di svolgere molteplici attività, dal modo in cui recepiamo le informazioni sull’ambiente circostante al modo in cui pensiamo e ci sentiamo. Molte di queste connessioni critiche si sviluppano tra i 9 e i 12 anni e possono influenzare lo sviluppo cognitivo ed emotivo normale o atipico dei bambini.
«Politica dovrebbe tener conto dell’impatto dell’inquinamento sul cervello»
«La qualità dell’aria in tutta l’America, anche se entro i limiti previsti dall’EPA, contribuisce ai cambiamenti nelle reti cerebrali in questo periodo critico (età 9-12 anni, ndr) che possono riflettere un biomarcatore precoce per un aumento del rischio di problemi cognitivi ed emotivi più avanti nella vita», sottolinea Megan M. Herting, altra autrice dello studio. «In media, i livelli di inquinamento dell’aria sono piuttosto bassi negli Stati Uniti, ma si osservano ancora effetti significativi sul cervello», ha detto Cotter. «Questo è un aspetto che i politici dovrebbero tenere in considerazione quando pensano se inasprire gli standard attuali», conclude Cotter.
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22/07/2024 Arturo Bandini
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