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alla 1° pagina..) è risolutiva con un'ottima prognosi. Quando le metastasi si diffondono nel cervello, la terapia radioterapica può non bastare. E scoprire il coinvolgimento degli astrociti è una buona notizia perché già esistono dei farmaci in grado di inibirli".
Gli astrociti sono cellule del sistema nervoso centrale chiamati così perché a forma di stella. Sono i responsabili dell'omeostasi e della conservazione della fisiologia cerebrale. Aiutano il cervello a rimanere sano, svolgendo una funzione nutritiva e di sostegno per i neuroni, e sono i primi a intervenire in caso di ictus o trauma.
Il melanoma li corrompe già nelle prime fasi della malattia, trasformandoli in cellule tumorali e causando danni cerebrali nel 90% dei pazienti.
"Si tratta di una statistica sconcertante”, sostiene la professoressa Satchi-Fainaro: “ci aspettavamo di vedere più metastasi nei polmoni e nel fegato mentre erano nel cervello, che dovrebbe essere l'organo più protetto".
Il cervello infatti dovrebbe essere protetto dalla barriera emato-encefalica, “ma in questo caso non faceva il suo lavoro e ci siamo chiesti come fosse possibile”.
"La comunicazione tra tumore e astrociti si riflette nel fatto che le cellule cerebrali iniziano a secernere una proteina che promuove l'infiammazione”, spiega nel dettaglio la professoressa Scomparin. “A partire da questa ipotesi abbiamo testato in vitro e con delle simulazioni 3D al computer l'azione del bindarit, un farmaco che agisce specificamente su questi recettori, impedendo l'instaurarsi di questo processo che già è stato associato alla patogenesi di molte malattie infiammatorie, nella speranza che potesse bloccare anche le metastasi. Questo farmaco specifico non è ancora in commercio ma è oggetto di uno studio clinico di fase 2 su pazienti con nefropatia diabetica, quindi se verrà approvato sarà più facile poterlo sperimentare anche su pazienti affetti da melanoma in stato avanzato".
I ricercatori però sono convinti che esistano anche altre possibilità di cura.
"Per bloccare il recettore - prosegue Scomparin - possono essere efficaci anche gli anticorpi monoclonali. I risultati in vitro sono stati molto promettenti ma la strada è lunga. Altra via sono i vaccini".
In fase di sviluppo c’è infatti anche un vaccino "da utilizzare in forma combinata con l'immunoterapia a base di inibitori dei checkpoint, che già si sono dimostrati efficaci e fanno parte dell'attuale protocollo terapeutico".
27/09/2022 Andrea Sperelli
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