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alla 1° pagina..) di filtri sulle acque per uso umano, e di tipo sanitario, con l’avvio del Piano di Sorveglianza Sanitaria. Nel 2020 la Regione Veneto aveva affidato all’impresa sociale Epidemiologia e Prevenzione (ente no-profit del terzo settore) la fattibilità di indagini epidemiologiche sulla popolazione residente che prevedevano il coinvolgimento attivo della cittadinanza.
In questo ambito il gruppo di ricerca dell’Università di Padova coordinato da Annibale Biggeri, docente del Dipartimento di Scienze cardio-toraco-vascolari e Sanità pubblica dell’Università di Padova – in collaborazione con il Registro Tumori dell’Emilia-Romagna, il Servizio Statistico dell’Istituto Superiore di Sanità e con il contributo di citizen science del gruppo Mamme NO PFAS – ha pubblicato su Enviromental Health uno studio in cui, per la prima volta, i dati forniti dimostrano formalmente un’associazione tra esposizione a PFAS e mortalità per malattie cardiovascolari, mettendo in evidenza anche la correlazione tra cancro del rene e cancro ai testicoli e PFAS nella popolazione veneta dell’area contaminata.
L'Istituto Superiore di Sanità ha pre-elaborato e reso disponibili i dati anonimi provenienti dagli archivi dei certificati di morte dell'Istituto Nazionale di Statistica relativi ai residenti delle province di Vicenza, Padova e Verona deceduti tra il 1980 e il 2018. L'analisi del periodo di calendario e coorte di nascita è stata effettuata utilizzando come riferimento la popolazione totale delle tre province. L'esposizione è stata definita sulla base della residenza in uno dei 30 comuni dell'area Rossa, dove l'acquedotto che fornisce acqua potabile era alimentato dalla falda contaminata.
«Nei 34 anni compresi tra il 1985 – assunto come data di inizio della contaminazione delle acque – e il 2018 – ultimo anno di disponibilità dei dati di mortalità causa-specifica – nella popolazione residente dell’area Rossa abbiamo osservato 51.621 decessi contro 47.731 attesi – spiega Annibale Biggeri –. Si tratta di un eccesso di 3890 morti rispetto all’atteso, cioè di un morto in più ogni 3 giorni. Abbiamo trovato prove di un aumento della mortalità per malattie cardiovascolari, in particolare malattie cardiache e cardiopatia ischemica, e malattie neoplastiche maligne, tra cui il cancro del rene e il cancro ai testicoli. E il trend è in crescita soprattutto tra i più giovani, dove abbiamo riscontrato un aumento della mortalità per tumori. Degno di nota anche il fatto che si riscontri un effetto protettivo nelle donne in età fertile, probabilmente dovuto al trasferimento di PFAS alla progenie».
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23/05/2024 Andrea Sperelli
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