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alla 1° pagina..) conversione degli ormoni androgeni in estrogeni.
Di fronte a queste premesse, è plausibile pensare che l’utilizzo della terapia ormonale sostitutiva (Tos) possa essere associato a un rischio ridotto di malattia di Alzheimer e demenza.
«È chiaro che la Tos prevenendo le vampate di calore, i cali di zucchero, la disconnessione dei neurotrasmettitori, la vasocostrizione e l’ipertensione arteriosa protegge il cervello, ma non abbiamo per ora prove che la terapia ormonale sostitutiva protegga anche dall’Alzheimer, tuttavia certamente migliora la funzione cognitiva», spiega al Corriere della Sera Rossella Nappi, direttrice dell’Unità di Ginecologia endocrinologica e menopausa ad alta complessità dell’Irccs Fondazione San Matteo dell’Università degli Studi di Pavia.
Gli scienziati svedesi hanno indagato gli effetti di una proteina in particolare, CYP46A1, che ha la funzione di eliminare l’eccesso di colesterolo trasformandolo in un prodotto chiamato 24S-idrossicolesterolo (24SOH). «Abbiamo visto che quando i livelli di CYP46A1 aumentano nel cervello dei topi e successivamente aumenta la produzione di 24SOH, le femmine presentano neuroni più sani e un’attività estrogenica più elevata in una regione cerebrale essenziale per la memoria, che è l’ippocampo», spiega la professoressa Silvia Maioli, che ha coordinato il gruppo di studio.
Su modello murino, i topi femmina con livelli alti di CYP46A1 mostrano migliori capacità di apprendimento e memoria. Proprio come negli esseri umani, quando i topi invecchiano, la loro memoria peggiora rispetto ai topi giovani, e lo stesso vale per i topi «in menopausa» rispetto a quelli «non in menopausa».
L’attivazione della proteina sembra in grado di contrastare la perdita di memoria sia durante l’invecchiamento sia durante la menopausa.
Nei topi maschi, invece, l’attivazione di CYP46A1 provoca un peggioramento della memoria e l’accumulo dell’ormone maschile di-idro-testosterone nel cervello, che blocca gli effetti protettivi di 24SOH, tra cui anche l’attivazione dei recettori dell’estrogeno. I risultati suggeriscono dunque che la produzione di 24SOH può compensare la carenza di estrogeni, forse sfruttando meglio l’ormone attraverso recettori più abbondanti. Suggeriscono anche che la sovraregolazione del CYP46A1 potrebbe proteggere dal declino cognitivo osservato dopo la menopausa.
I risultati sono stati poi validati su uomini e donne colpiti da Alzheimer o declino cognitivo, un totale di 90 persone con età media di 65 anni, in cui il 24SOH è stato misurato nel liquido spinale. «Livelli più alti di 24SOH corrispondono a livelli più bassi di marcatori patologici dell’Alzheimer come la proteina tau, ma soltanto nelle donne. Ciò suggerisce che elevati livelli di CYP46A1 e 24SOH possono avere un effetto protettivo nella malattia di Alzheimer esclusivamente per il sesso femminile», sottolinea la ricercatrice.
Ma come si può attivare la proteina CYP46A1? Esiste già un farmaco in grado di farlo, si chiama Efavirenz, un medicinale in realtà sviluppato per contrastare l’Hiv che però ha dimostrato di poter attivare la proteina già dopo l’assunzione di basse dosi.
«Questo nuovo studio suggerisce che gli attivatori di CYP46A1 come Efavirenz potrebbero offrire un nuovo approccio terapeutico per promuovere la protezione cerebrale mediata dall’estrogeno nelle donne a rischio di malattia di Alzheimer, ad esempio donne con menopausa precoce», conclude Maioli.
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02/02/2024 Andrea Sperelli
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