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alla 1° pagina..) di questi pazienti sia notevolmente migliorata, la patologia comporta numerose e gravi comorbidità come il dolore neuropatico ed è associata a ingenti costi per il Servizio sanitario nazionale.
I risultati di una ricerca dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibbc) pubblicati sulla rivista specializzata Toxins e oggetto di un brevetto, presentato all’evento digitale Tech Share Day, mostrano come la somministrazione spinale della neurotossina botulinica di tipo A durante la fase acuta successiva al trauma eviti l’evoluzione del danno, limitando la morte cellulare, inibendo il rilascio di glutammato e riducendo la cicatrice gliale, così favorendo il ripristino delle connessioni muscolo-cervello. Inoltre, è stata dimostrata la sua efficacia nel contrastare anche l’insorgenza del dolore neuropatico. Lo studio è condotto in collaborazione con Irccs Fondazione S. Lucia, Sapienza Università di Roma e Sanford Burnham Prebys Medical Discovery Institute di La Jolla (USA).
“A seguito del trauma generato dalla lesione spinale è possibile distinguere due fasi. La prima è dovuta agli effetti diretti dell’impatto sul midollo spinale che induce la morte immediata delle cellule nervose localizzate nell’area del danno, mentre la seconda è caratterizzata da 3 stadi: acuto, intermedio e cronico”, spiega Valentina Vacca del Cnr-Ibbc. “Nello stadio acuto, che inizia pochi minuti dopo il trauma, sono osservabili importanti e devastanti cambiamenti patofisiologici (edema, trombosi, infiammazione) che danno origine a una risposta neuroinfiammatoria. Durante lo stadio intermedio (da giorni a settimane post-lesione) sono evidenziabili meccanismi neurodegenerativi che estendono l’area del danno coinvolgendo aree illese ma adiacenti la zona d’impatto”.
Nel corso di questi due stadi si forma la cicatrice gliale. Gli astrociti diventano iperreattivi e formano una barriera (appunto la cicatrice) che circonda l’area danneggiata. Se da un lato questo previene un ulteriore danno, dall’altro rappresenta un ostacolo alla ricrescita assonale. Inoltre, gli astrociti sono responsabili del rilascio di fattori pro-infiammatori (come il glutammato) che portano a morte cellulare, fenomeno noto come eccitotossicità. Infine, l’ultimo stadio è il cronico che vede la maturazione della lesione, della cicatrice gliale e la formazione di cisti.
“Il nostro gruppo di ricerca da anni studia i meccanismi, la farmacologia e gli effetti della neurotossina botulinica in modelli preclinici di dolore e neuropatia”, continua Sara Marinelli del Cnr-Ibbc, coordinatrice dello studio insieme a Flaminia Pavone. “Siamo stati tra i primi ad accorgerci che questo farmaco biologico, a dosi ampiamente inferiori a quelle che inducono effetti tossici, era in grado di agire sul sistema nervoso, di viaggiare attraverso i nervi in senso retrogrado e agire su neuroni e astrociti con capacità pro-rigenerativa nel sistema nervoso periferico. Speravamo in dati promettenti ma mai ci saremmo aspettati un risultato così incoraggiante”.
Siro Luvisetto del Cnr-Ibbc, esperto della tossina, afferma che “la botulina è l’unico farmaco biologico ad avere un così ampio ventaglio di applicazioni terapeutiche di successo. FDA, EMA e AIFA ne hanno autorizzato l’uso per numerose patologie muscolari, neurologiche e dermatologiche e altrettante patologie sono trattate off-label. Uno dei vantaggi dell’uso della tossina è la sua lunga azione terapeutica. Essa è in grado di agire per mesi dopo la somministrazione. La botulina è in grado di bloccare in modo efficace il rilascio di diversi neurotrasmettitori tra cui il glutammato. Gli studi proseguiranno per cercare di capire quali meccanismi siano all’origine di questa forte spinta rigenerativa osservata nel modello animale”.
Dal momento che esistono già diversi preparati commerciali della neurotossina botulinica, se ne conoscono dosi, efficacia, tossicità e sicurezza ed è già ampiamente utilizzata in clinica, i ricercatori sperano si arrivi presto a un test clinico che permetta di verificare anche nell’uomo i dati osservati nel modello murino.
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11/11/2020 Andrea Sperelli
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