(2° pagina) (Torna alla 1° pagina..) nei pazienti trattati con la rianimazione cardiopolmonare. Secondo gli autori, il cervello che sente avvicinarsi la fine rimuove i freni inibitori naturali aprendo il soggetto a esperienze diverse e più vivide, ad esempio la ricostruzione lucida della propria vita con uno spiccato senso critico che fa riconsiderare i comportamenti e le decisioni del passato.
Sam Parnia, professore associato presso il Dipartimento di Medicina della NYU Langone Health e direttore della ricerca in terapia intensiva e rianimazione presso la NYU Langone, afferma: “Sebbene i medici abbiano a lungo pensato che il cervello subisse danni permanenti per circa 10 minuti dopo che il cuore smette di fornirgli ossigeno, il nostro lavoro ha scoperto che il cervello può mostrare segni di recupero elettrico per molto tempo durante una RCP in corso. Questo è il primo ampio studio a dimostrare che questi ricordi e cambiamenti delle onde cerebrali possono essere segni di elementi universali e condivisi delle cosiddette esperienze di pre-morte. Queste esperienze forniscono uno sguardo su una dimensione reale, ancora poco compresa, della coscienza umana che viene scoperta con la morte. I risultati potrebbero anche guidare la progettazione di nuovi modi per riavviare il cuore o prevenire lesioni cerebrali e avere implicazioni per i trapianti”.
Lo studio ha seguito 567 uomini e donne che hanno subito un arresto cardiaco durante la loro degenza in ospedale fra il maggio 2017 e il marzo 2020 negli Stati Uniti o nel Regno Unito.
Sono stati arruolati solo pazienti ospedalizzati per standardizzare i metodi di RCP e rianimazione utilizzati, nonché i metodi di registrazione dell’attività cerebrale. Un sottogruppo di 85 pazienti è stato sottoposto a monitoraggio cerebrale durante la RCP.
Fanno parte dello studio anche ulteriori testimonianze di 126 sopravvissuti ad arresto cardiaco con ricordi autoriferiti per avere un’idea più chiara delle esperienze di pre-morte.
Secondo gli autori, il tema merita ulteriori approfondimenti e indagini allo scopo di individuare i biomarcatori della coscienza clinica e di valutare appieno gli effetti psicologici a lungo termine della rianimazione cardiopolmonare.
Una ricerca pubblicata su Frontiers in Aging Neuroscience qualche tempo fa aveva registrato le onde cerebrali di un uomo morto d’infarto scoprendo che il cervello, anche dopo che il cuore ha smesso di battere, continua ancora la sua attività, anche se soltanto per 30 secondi. Subito prima e subito dopo l’arresto cardiaco è stato registrato un aumento di onde cerebrali molto specifiche note come oscillazioni gamma, collegate ad attività come il recupero della memoria, la meditazione e il sogno.

Notizie specifiche su: premorte, rianimazione, corpo, 29/09/2023 Andrea Piccoli


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