(2° pagina) (Torna alla 1° pagina..) su Nature ha suggerito che il motore di questo autolavaggio sono proprio i neuroni, che riescono a “spostare” tossine e scorie grazie alle onde cerebrali. “Questi risultati potrebbero indicare strategie e potenziali terapie per accelerare la rimozione dei rifiuti dannosi, prima che possano portare a conseguenze disastrose” ha affermato Jonathan Kipnis, ricercatore presso il Brain Immunology and Glia Center dell’università statunitense e autore senior dell’articolo.
Anche le cellule cerebrali come tutte le altre hanno bisogno di energia per svolgere i propri compiti e allo stesso modo producono rifiuti metabolici che devono poi essere smaltiti. Il cervello però non possiede un sistema linfatico che, tra le varie funzioni, ha anche quella di rimuovere i prodotti di scarto delle cellule dai tessuti. Per “fare pulizia” quindi, l’organo utilizza un sistema reso complesso anche dalla sua stessa densità. Funziona così: le scorie del metabolismo cerebrale vengono escrete dalle cellule nello spazio interstiziale, che si trova tra le cellule cerebrali. Da qui i rifiuti vengono drenati dal flusso del liquido cerebrospinale (Csf) che circonda il cervello, che entra, passa attraverso le intricate reti cellulari e raccoglie le scorie. Viene poi filtrato dal sangue e pompato nel cervello dal plesso coroideo nei ventricoli per poi insinuarsi attraverso lo spazio interstiziale tra le cellule cerebrali e infine essere pompato di nuovo nel flusso sanguigno presso le meningi che circondano il cervello.
Li-FengJiang-Xie e i suoi colleghi hanno aggiunto un tassello in più al complicato puzzle, scoprendo che durante il sonno, le cellule cerebrali non dormono ma anzi producono esplosioni di impulsi elettrici che si tramutano in onde ritmiche. Per capirlo i ricercatori della Washington University School of Medicine hanno prima utilizzato la ketamina in modelli animali (in modo da simulare il sonno) e poi osservato i neuroni nel cervello dei topi addormentati. Si sono accorti così del “paradosso del sonno” per cui nonostante il corpo riposi, i neuroni sono attivi e si comportavano come pompe in miniatura sincronizzate che producono onde ritmiche in grado di spingere il fluido cerebrospinale attraverso il tessuto cerebrale che così viene ripulito. Le onde cerebrali lente, associate a un sonno riposante e ristoratore aiutano quindi a eliminare le scorie dal cervello durante il sonno.
La scoperta secondo Gianluigi Forloni, a capo del dipartimento di Neuroscienze dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano è senza dubbio “un passo avanti”. “Con essa – spiega – i ricercatori sono riusciti ad associare in maniera piuttosto stretta un’attività neuronale sincrona notturna a un flusso che ipotizzano si trasmetta progressivamente in tutto l’encefalo e sia alla base di quella pulizia del cervello già dimostrata. Durante la veglia invece ogni neurone risponde a stimoli diversi e non riesce ad allinearsi con gli altri in modo da produrre alterazioni di voltaggio che muovono le molecole dall’interno all’esterno del cervello attraverso il liquido interstiziale e poi nel Csf”.
A dimostrazione di questa ipotesi il gruppo di ricerca ha poi silenziato specifiche regioni del cervello in modo che i neuroni non creassero onde ritmiche, notando che in queste aree il Csf non poteva fluire e i rifiuti restavano intrappolati nel tessuto cerebrale. Gli scienziati hanno anche notato che le onde cerebrali cambiano durante i cicli del sonno e in particolare che quelle più alte e con ampiezza maggiore muovono i fluidi con più forza. Uno dei prossimi passi sarà quindi capire perché i neuroni emettono onde con ritmicità variabile durante il sonno e quali regioni del cervello siano più vulnerabili all’accumulo di scorie. Un’ipotesi paventata dal neurobiologo Jiang-Xie è che forse il cervello adatta il suo metodo di pulizia a seconda del tipo e della quantità di rifiuti, ma resta un punto ancora da chiarire. Un obiettivo secondo Kipnis è invece migliorare il processo di purificazione del cervello consentendo così anche a chi dorme meno di rimanere in salute.
Senza dubbio il legame tra sonno e diverse malattie – da quelle cardiovascolari alle neurologiche – è ormai dimostrato. Poiché l’aumento del flusso del Csf attraverso lo spazio interstiziale durante il sonno porta a una clearance molto più efficiente dei metaboliti dal cervello, va da sé che se il sonno è disturbato o di cattiva qualità viene favorito il deposito di proteine tossiche come la già ricordata beta-amiloide, implicata nella progressione della malattia di Alzheimer. Già Xie e colleghi avevano dimostrato che la beta-amiloide viene eliminata due volte più rapidamente dal cervello nei topi addormentati rispetto ai topi svegli. Osservazioni che come scriveva la neuroscienziata Suzana Herculano- Houzel della Vanderbilt University di Nashville, in un editoriale pubblicato su Science a corredo dell’articolo di Xie “dovrebbero suscitare interesse per la clearance dei metaboliti, poiché lo spazio interstiziale che si restringe durante la veglia è un target in cui cercare fattori il cui accumulo durante il giorno aumenta la sensibilità alle emicranie, alle crisi epilettiche e peggiora altre condizioni associate all’insonnia. Lo sviluppo di farmaci che facilitano la clearance dei prodotti di scarto durante la veglia diventa di conseguenza una nuova possibilità”.
E in effetti la relazione tra riposo notturno e malattia neurodegenerative è oggi ampiamente studiata, soprattutto per il Parkinson per cui è sicuramente vero che i disturbi del sonno precedono lo sviluppo della patologia quasi sempre, tant’è che vengono ormai considerati prodromici rispetto alla malattia. Diverso è il caso dell’Alzheimer. Chiarisce Forloni: “Sappiamo che c’è un problema collegato al sonno, ma non è chiaro se una sua alterazione produca o sia conseguenza della malattia”.

Fonte: AboutPharma
Notizie specifiche su: cervello, neuronale, pulizia, 03/06/2024 Andrea Piccoli


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