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alla 1° pagina..) neuronali e il suo livello di modificazione è correlato ai diversi gradi di avanzamento.
Di qui l’osservazione che la ceruloplasmina (Cp) può essere utilizzata come marcatore per valutare il grado di avanzamento della malattia e l’efficacia terapeutica dei trattamenti farmacologici. Il lavoro mette anche in luce che le modificazioni di questa proteina – marcatore (Cp) sono indotte dalla sua ossidazione che avviene a causa delle condizioni pro-ossidanti che si verificano nel fluido cerebro spinale dei pazienti affetti da Parkinson.
Inoltre, lo studio dimostra che la modificazione della proteina implica un’inibizione della sua attività fisiologica: essa perde la capacità di controllare l’ossidazione del ferro, con la pericolosa conseguenza di amplificare la presenza di radicali dannosi. La ceruloplasmina modificata dall’ambiente ossidativo presente nel fluido cerebrospinale dei pazienti perde infatti la funzione di regolazione del metabolismo del ferro anche a livello cellulare, ciò causa una ritenzione e un accumulo di ferro nelle cellule neuronali, determinando un grave aumento del rischio di danno tissutale.
Afferma il dottor Massimo Alessio, coordinatore della ricerca e responsabile dell’Unità Biochimica del proteoma presso l’IRCCS San Raffaele: “Aver rilevato le alterazioni e il ruolo della proteina nel fluido cerebro spinale dei pazienti affetti da malattia di Parkinson è un contributo importante perché ci permetterà di valutare l’efficacia di trattamenti terapeutici a base di anti-ossidanti e soprattutto ci aiuta a capire i meccanismi responsabili del danno ossidativo per poter disegnare nuovi approcci curativi.”
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dr.ssa Anna Saito
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