(2° pagina) (Torna alla 1° pagina..) epilettica rara, causata da una mutazione genetica, già nota come epilessia mioclonica severa dell’infanzia. Insorge, in genere, entro il primo anno di vita con un’incidenza di uno ogni 20mila e uno ogni 40mila persone ed è più comune nei maschi rispetto alle femmine (con un rapporto di 2 a 1). Si caratterizzata per gravi e frequenti crisi convulsive prolungate – anche oltre un’ora di durata – scatenate tipicamente da variazioni anche minime della temperatura corporea. I soggetti con questa sindrome hanno spesso una resistenza ai farmaci antiepilettici, portando a una disponibilità limitata di opzioni di trattamento. La malattia causa anche gravi disturbi cognitivi, comportamentali e motori, che persistono fino all’età adulta.
Il dossier che ha portato al parere positivo delle autorità regolatorie ha incluso i risultati positivi di due studi randomizzati e controllati di Fase 3 (Studio 1 e Studio 2), insieme a un’analisi intermedia di uno studio di estensione a lungo termine, in corso e a marchio aperto, che ha coinvolto un totale di 330 pazienti con sindrome di Dravet. Questi studi hanno dimostrato che il trattamento additivo con fenfluramina ha fornito una riduzione altamente significativa dal punto di vista statistico e clinicamente significativa della frequenza delle crisi convulsive rispetto al placebo, ed è stato generalmente ben tollerato.
Nello Studio 2 in particolare, tutti i soggetti sono stati trattati con un regime di base che comprendeva lo stiripentolo, con un miglioramento significativo osservato per fenfluramina rispetto al placebo. Lo studio di estensione a lungo termine, in aperto, ha dimostrato un’efficacia duratura, con pazienti trattati per un massimo di tre anni con fenfluramina. Gli eventi avversi più comunemente riportati durante questi trial sono stati: diminuzione dell’appetito, diarrea, piressia, stanchezza, infezione delle vie respiratorie superiori, letargia, sonnolenza e bronchite. Nessun paziente ha sviluppato eventi avversi cardiovascolari.
“Ucb ha sviluppato una importante esperienza in epilessia e nei prossimi anni ci aspettano importanti sfide, come la ricerca nell’ambito di terapie geniche avanzate, con uno sguardo sempre rivolto verso sindromi più rare, ma non meno gravi (come quella di Dravet)”, ha affermato Federico Chinni, amministratore delegato di Ucb Italia. “Con l’obiettivo di rispondere in modo sempre più mirato alla richiesta di un miglioramento della qualità della vita da parte dei pazienti”.
La Sindrome di Dravet è una rara forma di Epilessia che si accompagna a disturbi dello sviluppo psicomotorio e neurologico e che insorge nel primo anno di vita in neonati apparentemente normali.
La sindrome è stata descritta per la prima volta nel 1978 da Charlotte Dravet a Marsiglia (Dravet, 1978), come un’epilessia mioclonica severa del neonato (SMEI Severe Myoclonic Epilepsy of Infancy) per distinguerla dalla Sindrome di Lennox-Gastaut. Negli anni seguenti sono stati descritti casi in Europa e in Giappone (Dalla Bernardina et al. 1982; Ogino et al.,1986).
Dagli anni 80 in poi sono state descritte varie forme, la cui variabilità era riferibile alla presenza/assenza della sintomatologia mioclonica, queste forme sono state definite in seguito borderline (SMEIB).
Dal 2000 nello schema proposto dalla Lega Internazionale contro l’Epilessia (ILAE International League Against Epilepsy) (Engel, 2201), la sindrome di Dravet è considerata come una “encefalopatia epilettica”, in cui le anomalie epilettiformi sono riconosciute come causa stessa dei deficit progressivi delle funzioni cerebrali.

Epidemiologia

La sindrome di Dravet è una sindrome rara la cui frequenza non è ancora nota.
Nel 1990 è stata stimata un’incidenza da 1/20 000 a 1/40 000 nati in USA (Hurst, 1990). Autori francesi hanno trovato 1/40 000 o 1/ 30 000 in Francia (Yakoub et al, 1992). Nell’ambito delle epilessie ad esordio precoce, la SD (Sindrome di Dravet) rappresenta 3% delle epilessie insorte nel primo anno in Argentina (Caraballo et al, 1998), 6,1% di quelle con esordio nei tre primi anni in Francia (Dravet et al, 1992), uguali ai 7% calcolati in Italia ( Dalla Bernardina et al, 1983). Lo studio più recente, in Spagna, riferisce SD in 1,4% dei pazienti affetti da epilessia tra 1 mese e 15 anni (Durà-Travé et al, 2007).
La prevalenza in USA è stata stimata tra 2000 e 8000 casi per l’anno 2008, in ogni caso inferiore a 10 000 (dati non pubblicati). Quindi, nonostante una migliore conoscenza della malattia durante l’ultima decade, la SD rimane rara. Ha il numero ORPHA 33069 nell’attuale classificazione delle malattie rare.

Eziologia

La Genetica della Sindrome di Dravet

Nel 2001, Claes et al. hanno dimostrato l’origine genetica della SD legata all’esistenza di una mutazione del gene che codifica per la sotto-unità alpha1 del canale del sodio (SCN1A). Da allora, numerosi studi hanno confermato questo dato per la forma tipica e per le forme di confine. Attualmente sono state scoperte più di 500 mutazioni nei soggetti affetti da questa malattia. (Marini et al, 2011 in press).
Tuttavia, circa il 70% dei pazienti testati presentano una di queste mutazioni, il 30% che non le presentano, un piccolo numero (10-12%) sono portatori di una micro delezione o riarrangiamento cromosomico non rilevabili che interessa il SCN1A e geni contigui. Tale anomalie possono essere identificate con multiplex ligation-dependent probe amplification (MLPA) (Marini et al, 2011, in press).
Recentemente, un altro gene è stato implicato nella SD, il gene PCDH 19. Mutazioni nella protocadherin 19 sono state evidenziate in 13 femmine con un quadro clinico similare a quello della SD (Depienne et al, 2009). Gli autori considerano che mutazioni in questo gene potrebbero essere presenti nel 5% di tutti i pazienti con SD.


Sintomatologia

La malattia insorge entro il primo anno di vita e si presenta con 1) crisi convulsive cloniche generalizzate (GCS), crisi generalizzate tonico-cloniche (GTCS) o crisi cloniche unilaterali alternate; 2) crisi miocloniche, 3) assenze atipiche e stato di ottundimento; 4) crisi parziali con o senza generalizzazione secondaria; o 5) raramente con crisi toniche.

La sua evoluzione si svolge in 3 stadi:

a) Stadio febbrile o diagnostico, nel primo anno. Nella maggior parte dei casi, le prime crisi sono scatenate dalla febbre. Sono crisi convulsive (cloniche o tonico-cloniche), generalizzate o unilaterali, interessanti principalmente una metà del corpo, variabile da una crisi all’altra (crisi emicloniche alternanti). Spesso sono lunghe o molto lunghe (fino a più di un’ora) e necessitano un trattamento d’urgenza (somministrazione rettale o in vena di un anticonvulsivante). Nelle settimane e mesi successivi le crisi divengono più frequenti, insorgono anche senza febbre o con una febbre moderata (tra 37° e 38°) e possono raggrupparsi in stati di male epilettici. Si deve sottolineare che le vaccinazioni possono essere un fattore scatenante in alcuni pazienti.

b) Stadio di peggioramento. Nei primi 2 o 3 anni di vita compaiono altri tipi di crisi: crisi miocloniche (eccetto nelle forme di confine), assenze atipiche, crisi focali. Esse possono essere provocate dalla febbre o da fattori ambientali: luminosità eccessiva o intermittente, (es. motivi geometrici regolari, linee, scintillii etc.), sforzo fisico, eccitazione, emozione. Un fenomeno di auto stimolazione può peggiorare la situazione. Simultaneamente, compaiono ritardo dello sviluppo psicomotorio e disturbi del comportamento, più o meno importanti a seconda dei bambini. Si tratta inizialmente di un lieve ritardo motorio o del linguaggio e in seguito di un ritardo più globale. Il bambino è spesso instabile, «iperattivo», e oppositivo, testardo, ostinato. I disturbi motori si manifestano come atassia, deambulazione scoordinata, imprecisione dei gesti fini, tremori alle estremità. I disturbi del linguaggio inducono difficoltà di comunicazione che rendono difficile la sua socializzazione. Si possono manifestare, inoltre, dei disturbi del sonno e problemi ortopedici (cifoscoliosi, piedi piatti).

c) Stadio di stabilizzazione. Durante la seconda infanzia (a partire dai 4/5 anni) e l’adolescenza la situazione generalmente migliora, con diminuzione, qualche volta scomparsa, delle crisi focali, delle assenze atipiche e delle crisi miocloniche, ma le crisi convulsive persistono. Esse spesso hanno tendenza a presentarsi all’inizio o alla fine della notte. Possono raggrupparsi in serie in alcuni periodi, ma gli stati di male sono più rari. Le crisi sono sempre sensibili alla febbre, che succede molto più raramente. Si stabilizzano anche i disturbi psicologici. Le acquisizioni continuano lentamente, o riprendono qualora vi fossero stati momenti di regressione. L’instabilità si attenua e viene progressivamente sostituita da una grande lentezza con perseverazioni. Spesso persistono le difficoltà nella comunicazione e si possono osservare dei tratti autistici. Il livello del linguaggio corrisponde al livello intellettuale globale, la comprensione appare migliore rispetto all’espressione. Raramente si può osservare una certa tendenza all’aggressività ed un’evoluzione psicotica. Il deficit cognitivo permanente è variabile, da moderato a severo, in base a quella che è stata l’evoluzione nei primi tre o quattro anni che non è identica in tutti pazienti. I fattori in gioco per spiegare questa variabilità non sono conosciuti e studi neuropsicologici sono stati eseguiti o sono in corso in Italia (Ragona et al, 2010, Ragona et al, 2011, in press, Chieffo et al, 2011).




Decorso

All’età adulta, la maggior parte dei pazienti si presentano con un handicap globale, motorio e cognitivo che impedisce loro una vita indipendente. L’epilessia rimane attiva, con crisi tonico-cloniche secondariamente generalizzate, di frequenza variabile, gli altri tipi non essendo presenti in tutti i pazienti. I disturbi motori e cognitivi sono quelli descritti sopra. In alcuni pazienti la deambulazione è compromessa dalla sintomatologia ortopedica e puo necessitare l’uso di una poltrone a rotelle (Jansen et al, 2006, Dravet et al, 2009, Akiyama et al, 2010). Esiste un rischio di decesso precoce, legato ad infezioni respiratorie, incidenti (annegamento), stati di male ed a “morte improvvisa inspiegata” (SUDEP). Dravet et al (1992) hanno stimato a 15% la proporzione di morte riferita in letteratura. Uno studio più recente (Sakauchi et al, 2011, in press) la stima a 10% in una seria giapponese di 623 pazienti, causata sia dalla SUDEP (31 pazienti) sia da stati di male (21 pazienti).


Esami chimici e strumentali

Gli elettroencefalogrammi (EEG) non presentano un aspetto specifico di valore diagnostico come si rileva in altre sindromi (sindrome di West, sindrome di Lennox-Gastaut). All’inizio sono generalmente privi di anomalie. Più tardi appaiono anomalie parossistiche generalizzate e multifocali, variabili da un paziente all’altro. Una risposta patologica alla stimolazione luminosa intermittente si osserva in circa 30-40 % dei pazienti.
Le tecniche di neuroimaging (RMN Risonanza Magnetica Nucleare) non mostrano particolari alterazioni e sono normali nella maggior parte dei casi. Un lavoro recente (Striano et al, 2007) ha rilevato nel 22,4% di un campione di 58 pazienti: lieve atrofia corticale o cerebellare, allargamento ventricolare, iperintensità della sostanza bianca. Solo un paziente presentava una sclerosi ippocampale e un altro una displasia corticale.
Gli esami biologici permettono di escludere un’epilessia mioclonica progressiva, in particolare la lipofuscinosi ceroide, nel secondo anno di vita.
Notizie specifiche su: epilessia, Dravet, sindrome, 11/10/2022 Anna Saito


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