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alla 1° pagina..) Columbia University Mailman School of Public Health di New York diretto da Reem Waziry, che spiega: «La restrizione calorica (CR), definita come riduzione dell'apporto calorico senza privarsi dei nutrienti essenziali, provoca cambiamenti nei processi molecolari che sono stati associati all'invecchiamento, inclusa la metilazione del DNA (DNAm), e può aumentare la durata della vita sana in più specie».
L’analisi è stata realizzata su campioni di sangue dello studio CALERIE, studio controllato randomizzato nel quale 220 adulti non obesi hanno seguito un regime alimentare di restrizione calorica al 25% o una dieta di controllo per la durata di 2 anni.
Quelli del primo gruppo alla fine hanno mostrato un rallentamento dell’invecchiamento misurato dall’algoritmo DunedinPACE DNAm, anche se non sono emersi cambiamenti significativi nelle stime dell'età biologica misurate da vari orologi DNAm tra cui PhenoAge e GrimAge. Ciò dimostra il carattere esiguo dell’effetto del trattamento. Tuttavia, secondo gli autori, anche un modesto rallentamento dell’invecchiamento può avere effetti profondi sulla salute della popolazione.
«La scoperta che la restrizione calorica ha modificato DunedinPACE in uno studio controllato randomizzato supporta l'ipotesi della geroscienza, che propone che rallentare o invertire i cambiamenti molecolari che si verificano con l'invecchiamento possa ritardare o prevenire molteplici malattie croniche e prolungare la durata della vita sana. Un test conclusivo dell'ipotesi della geroscienza richiederà prove con follow-up a lungo termine per stabilire gli effetti dell'intervento sugli endpoint primari dell'invecchiamento in buona salute, inclusa l'incidenza di malattie croniche e mortalità», concludono gli autori.
Anche uno studio pubblicato su Science da Luigi Fontana - direttore del Reparto di Nutrizione ed Invecchiamento dell’Istituto Superiore di Sanità e responsabile di un progetto di collaborazione internazionale tra l’ISS e la Washington University School of Medicine di St Louis negli Stati Uniti - conferma le conclusioni della ricerca americana.
“L’obiettivo di questi studi – dice Enrico Garaci, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità – è quello di comprendere i meccanismi metabolici e le basi molecolari che regolano l’invecchiamento e la loro correlazione con l’insorgenza delle malattie – in particolare quelle cardiovascolari, tumorali e neurodegenerative – per fare in modo che all’aumentare della vita media corrisponda un aumento anche della sua qualità. La popolazione – continua il presidente – continua a invecchiare ma non in salute. La speranza di vita alla nascita in Italia, oggi, è di circa 80 anni, 83 anni per le donne e 78 per gli uomini. La speranza di vita in salute, però, è solo di 50 anni: ciò significa che per almeno 30 anni i nostri cittadini sono soggetti a malattie di vario genere, e questo comporta anche un costo sanitario enorme. La sfida è quella di ridurre in pochi anni lo scarto tra speranza di vita e speranza di vita in salute”.
In questo articolo viene spiegato che tagliare l’apporto calorico dal 10 al 50% diminuisce l’attività delle vie di segnale intracellulare di alcune importanti vie metaboliche, come per esempio la via del fattore di crescita insulino-simile (IGF-1), e la via che regola l’mTOR (“bersaglio” della rapamicina), e aumenta considerevolmente la vita degli animali sottoposti a questi regimi dietetici riducendo l’insorgenza della maggior parte delle patologie associate all’invecchiamento. Simili effetti anti-invecchiamento e anti-malattie si ottengono in animali da esperimento in cui si modificano geneticamente o farmacologicamente queste stesse vie di segnale cellulare, simulando uno stato di restrizione calorica. “Sono meccanismi ancestrali – spiega Fontana – che si sono conservati dal lievito all’uomo per proteggere i nostri geni durante periodi di carestia e permettere la trasmissione del migliore patrimonio genetico da una generazione all'altra quando ritorna l’abbondanza di cibo”.
Sulla scia dei risultati ottenuti dalla restrizione calorica negli animali, un gruppo di 50 volontari per sette anni ha ridotto volontariamente l’apporto calorico del 25-30% nella speranza di allungare la durata della propria vita e di prevenire le comuni malattie che avevano colpito i loro parenti ed amici. I risultati ottenuti da questi pionieri sono spettacolari: tutti i fattori di rischio cardiovascolari sono migliorati drasticamente, le arterie carotidi sono pulite, ed il loro cuore è più giovane di circa 15 anni. “Il rischio di sviluppare un infarto cardiaco, un ictus cerebrale o una scompenso cardiaco – dice Fontana – è bassissimo, praticamente nullo”.
Anche i fattori metabolici associati a un aumentato rischio di cancro sono diminuiti in questi volontari che hanno adottato una dieta povera di calorie ma ricca di vitamine, sali minerali e fitocomposti. Ma per Fontana questo risultato non è sufficiente. “Penso che sia il sogno di ognuno di noi – afferma Fontana – poter arrivare a 90 o 100 anni fisicamente e mentalmente sani, e spegnersi dolcemente nel sonno. Il nostro obiettivo è far diventare presto il sogno realtà, visto che stiamo scoprendo i meccanismi molecolari che regolano l’invecchiamento e lo sviluppo delle malattie associate alla vecchiaia. Circa il 30% degli animali sottoposti a restrizione calorica muoiono in età avanzata senza le patologie normalmente associate all’invecchiamento – prosegue Fontana – di contro, la maggioranza (94%) degli animali che seguono una dieta standard sviluppano o muoiono di una o più malattie croniche come cancro o patologie cardiache. In sintesi, in circa il 30-50% degli animali sottoposti a restrizione calorica o che presentano mutazioni genetiche delle vie di segnale che regolano l’invecchiamento la durata della vita in salute coincide con la durata della vita. Muoiono senza aver sviluppato nessuna malattia e senza aver sofferto”.
Tuttavia, ci sono anche degli effetti negativi. Tra le persone che praticano un regime di restrizione calorica severa nella speranza di prolungare al massimo la durata della loro vita i ricercatori hanno osservato che un effetto collaterale è il calo della libido, poiché la restrizione calorica riduce i livelli di testosterone, un fattore di rischio per il cancro della mammella e della prostata. “Queste persone inoltre sono più sensibili al freddo – precisa Fontana – perché la restrizione calorica riduce il metabolismo basale e modifica il sistema di termoregolazione del corpo”.
I risultati di questi studi serviranno a cambiare il modo di prescrivere le diete e considerare il ruolo dell’alimentazione. “La biologia molecolare e la risposta modulativa delle vie di segnale che regolano la longevità e la predisposizione a sviluppare malattie croniche devono guidare le strategie terapeutiche dei futuri clinici - continua Fontana - stiamo studiando l’effetto biologico e molecolare di certi nutrienti e fitocompositi che possono influenzare il fattore IGF-1 e altre vie di segnale intracellulare che promuovono longevità similarmente alla restrizione calorica – conclude Fontana – speriamo di essere in grado di utilizzare presto questa conoscenza per aiutare le persone a vivere più a lungo e più in salute”.
Fonte: Nature Aging 2023. Doi: 10.1038/s43587-022-00357-y
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18/05/2023 Andrea Sperelli
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