(2° pagina) (Torna alla 1° pagina..) l'ictus più comune è quello cerebrale, un'ischemia che provoca l'assenza di sangue al cervello con conseguenze il più delle volte molto gravi. Secondo alcuni studi, circa un terzo dei neonati che subisce un ictus avrà nel corso degli anni un altro episodio analogo. In tal senso, diventa fondamentale saper riconoscere i sintomi di un'ischemia quando si verifica su un bambino, cosa tutt'altro che facile proprio per la peculiarità del paziente. In effetti, mentre nell'adulto i sintomi dell'episodio sono subito abbastanza chiari – disturbi del linguaggio, vertigine, nausea, cecità, mal di testa – in un bambino e ancor di più in un neonato è molto difficile riuscire a individuare problemi del genere. È evidente quindi che i genitori che abbiano qualche dubbio relativo a difficoltà di movimento e di linguaggio del bambino devono necessariamente rivolgersi con urgenza al proprio pediatra.
Il medico dovrà ripercorrere la storia clinica del bambino e individuare possibili fattori di rischio in quella della famiglia del piccolo. Se il pediatra dovesse sospettare qualcosa, il bambino verrà sottoposto a tomografia assiale computerizzata, vale a dire la TAC, per avere una visione più completa e chiara del cervello. Vi sono poi altri esami utili, dalla risonanza magnetica nucleare a quella angiografica, oppure l'ecodoppler. Nei casi più delicati sarà necessaria la prescrizione di un esame più invasivo, l'angiogramma cerebrale. In caso di esito positivo, altri esami, come l'elettroencefalogramma e l'elettrooculogramma, potranno valutare l'attività elettrica del cervello ed eventualmente i danni prodotti dall'ictus.
Per quanto riguarda il recupero, dipende sia dalla gravità della crisi che dalla velocità dell'intervento. Una percentuale di bambini supera la crisi senza problemi, ma la maggior parte si porta dietro danni neurologici che possono arrivare anche all'emiparesi, una diminuzione della motilità volontaria che interessa una parte del corpo.
Il primo soccorso in caso di ictus pediatrico è del tutto simile a quello che si effettua per gli adulti, ovvero somministrazione di anticoagulanti e agenti trombolitici che puntano a distruggere il trombo cerebrale alla base della crisi. Di recente, una ricerca statunitense ha messo in luce la difficoltà di intervento in caso di ictus pediatrico, proprio per il fatto che i sintomi passano inosservati e i bambini non vengono, in molti casi, soccorsi in maniera adeguata.
Lo studio, presentato dalla dott.ssa Rebecca Ichord del Children Hospital di Philadelphia durante l'International Stroke Conference, un convegno sull'ictus che si è svolto a San Antonio, in Texas, si basa su 90 bambini colpiti da ictus fra il 2003 e il 2009 con età media di 6 anni. Posti sotto osservazione dall'équipe della dott.ssa Ichord, 12 di questi bambini hanno presentato ictus ricorrenti, la maggior parte un mese dopo il primo attacco.
I ricercatori ipotizzano che nei bambini l'ictus potrebbe essere il risultato di malattie quali l'anemia falciforme o di patologie cardiovascolari, ma i sintomi sono praticamente gli stessi che si notano in un paziente adulto, vale a dire la compromissione di alcune funzioni neurologiche come la vista o il linguaggio, debolezza negli arti e problemi a camminare in maniera corretta. Secondo la dott.ssa Ichard, tuttavia, riconoscere i sintomi nei bambini è più difficile anche perché loro stessi sono meno adatti a descriverli correttamente, come possono fare gli adulti: “i risultati del nostro studio confermano quanto sia importante la diagnosi per ictus nei bambini il più presto possibile in modo che i medici siano in grado di fornire le cure di emergenza e adottare misure per prevenirne il ripetersi”, ha commentato la ricercatrice.
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Notizie specifiche su: ictus, bambini, rischio, sintomi, 17/01/2024 Andrea Piccoli


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