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La possibilità di utilizzare l’informazione fornita dalla misura della cistatina C diventa quindi un’alternativa molto interessante.
Bisognerebbe incrementare l’utilizzo clinico del test in ambiti diagnostici critici quali:
1) la diagnosi precoce di insufficienza renale, in pazienti con aumentata concentrazione plasmatica di cistatina C ed una velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR) ancora nei limiti di norma (>60): lo 0,2%/anno delle morti per patologie cardiovascolari avviene in pazienti con una condizione di insufficienza renale “preclinica”; 2) la stratificazione del rischio di sviluppo di insufficienza renale, in soggetti anziani, nei quali, i valori di cistatina C consentono di identificare soggetti a basso rischio (<1,0 mg/L), a rischio intermedio (1,0-1,28 mg/L) e ad alto rischio (>1,29 mg/L); negli stessi soggetti solamente i valori di creatinina superiori al quintile più elevato (>129 mmol/L) dimostrano una correlazione con il rischio di morte; 3) la valutazione della gravità della patologia coronarica in pazienti con insufficienza renale cronica, come dimostrato dalle significative correlazioni riscontrate tra concentrazioni di cistatina C e numero di stenosi, indipendentemente dalle concentrazioni di creatinina.
Infine, una trattazione a parte andrebbe riservata all’utilizzo di questo marcatore biochimico in ambito pediatrico: in tale popolazione in cui, come noto, non è validata né applicabile l’equazione MDRD e la creatinina, parametro dipendente da età e massa muscolare, può fornire risultati fuorvianti, la cistatina C può rappresentare il marcatore biochimico di elezione, misurabile su plasma, accurato e correlato con il filtrato glomerulare misurato.
L’interpretazione del risultato non soffre inoltre di particolari criticità poiché esistono in letteratura, numerosi studi che ne valutano la concentrazione plasmatica in tutti gli ambiti di età, dal periodo peri-neonatale fino a giorni, settimane e mesi di vita.
In conclusione, il razionale fisiopatologico e le evidenze cliniche supportano la buona accuratezza della cistatina C nel valutare la funzionalità renale, ed in associazione alle recenti implementazioni analitiche, candidano questo marcatore biochimico ad un più ampio utilizzo nella pratica clinica. L'attuale disponibilità di un materiale di riferimento certificato per la sua misura, consentirà una standardizzazione dei metodi con garanzia di maggiore confrontabilità di risultati, e di intervalli di riferimento come pure la possibile introduzione della sua concentrazione in equazioni, che analogamente a quelle utilizzate con la misura della creatinina, potrebbero ulteriormente migliorare l’accuratezza dell’informazione.
Sono concordi alcuni ricercatori del San Francisco Veterans Affair Medical Center guidati da Michael Shlipak, che sul New England Journal of Medicine hanno pubblicato il resoconto di una sperimentazione sull'argomento.
"Abbiamo verificato l'associazione tra funzione renale, calcolata con creatinina, cistatina C o entrambe, e tassi di morte per tutte le cause, per motivi cardiovascolari o nefropatia cronica terminale, confrontando gli stadi della malattia renale classificati con l'uno o l'altro marcatore. E i risultati dimostrano che un'alterazione della cistatina C può cogliere una malattia renale in fase precoce, mentre la misura della creatinina diviene patologica solo a malattia già sviluppata. Lo studio fornisce la prova definitiva che rispetto alla creatinina il dosaggio della cistatina C migliora la stratificazione del rischio sulla base della funzione renale stimata", spiega il ricercatore.
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06/09/2013 Andrea Sperelli
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