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alla 1° pagina..) precoce dei tumori sia per lo sviluppo di terapie targettizzate – commenta al Corriere della Sera Carmine Pinto, direttore dell'Oncologia Medica del Comprehensive Cancer Center di Reggio Emilia -. Individuare proteine alterate in campioni di sangue di soggetti che poi svilupperanno un tumore e poi correlare le proteine che intervengono nello sviluppo di tumori ai dati genomici pazienti oncologici, rappresentano un promettente modello di studi con rilevante impatto nella strategia di controllo del cancro».
Il primo studio ha analizzato 44.000 persone, 4.900 delle quali hanno sviluppato un tumore. Grazie alla proteomica, gli scienziati hanno esaminato 1.463 proteine contenute in un singolo prelievo ematico di ogni partecipante, confrontando le proteine dei soggetti sani con quelle di persone che si sono poi ammalate di cancro.
Gli esiti hanno anche messo in luce 182 proteine che si differenziavano nel sangue tre anni prima della effettiva diagnosi oncologica. «Servono conferme e ulteriori analisi, ma il fine delle nostre indagini è capire cosa accade agli esordi di una neoplasia in modo da poter salvare le vite dei malati - commenta Keren Papier, epidemiologa e prima coautrice dello studio -. I dati derivanti da migliaia di persone possono esserci di grande aiuto nel mettere a fuoco come geni e proteine influenzano la formazione del tumore nel corso degli anni».
Il secondo studio ha invece esaminato le informazioni genetiche legate a oltre 300.000 casi di cancro per indagare quali proteine fossero coinvolte e quali fossero sensibili ai nuovi farmaci mirati già a disposizione. Sono state individuate 40 proteine che influenzano il rischio di una persona di sviluppare 9 tipi di cancro. Alterando queste proteine si agisce in un senso o nell’altro sul rischio di insorgenza del cancro, sebbene la manipolazione possa portare anche a effetti collaterali indesiderati.
«Il nostro scopo è arrivare ad avere dei farmaci che possono essere somministrati a persone sane a maggiore rischio di cancro per limitare il pericolo che lo sviluppino, ma prima di procedere con sperimentazioni sulle persone servono ancora approfonditi studi e verifiche - conclude Karl Smith-Byrne, epidemiologo, autore senior del primo studio e primo autore del secondo -. Siamo lontani, ma facciamo progressi su una strada che una volta era impensabile».
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16/05/2024 Andrea Sperelli
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