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Detta anche dispnea da decubito è una forma particolare di difficoltà respiratoria (dispnea)in posizione supina e più in generale da distesi in cui la respirazione è possibile solo in posizione eretta o seduta.
Per ovviare al disturbo, il paziente a letto deve utilizzare numerosi cuscini. L'ortopnea è di frequente riscontro in tutti i casi di insufficienza cardiaca sinistra, con aumento delle pressioni nel circolo polmonare e tendenza all'edema polmonare.
Fa seguito alla dispnea da sforzo.
Si può verificare anche in pazienti con asma e bronchite cronica, così come in quelli con apnea del sonno o disturbo da attacco di panico. Inoltre si manifesta anche in pazienti con obesità addominale o ascite (stati patologici che determinano un ostacolo all'espansione polmonare) e in pazienti con alcuni disturbi respiratori in cui la meccanica polmonare è favorita dalla assunzione della posizione eretta. Inoltre si associa a patologie che colpiscono il diaframma, in particolare la paralisi diaframmatica bilaterale. In questi ultimi pazienti il meccanismo che determina la dispnea in posizione supina è verosimilmente associato ad una alterazione diaframmatica che si ripercuote sul livello di respirazione al termine del volume corrente e sui suoi rapporti con il volume di chiusura.
È causata da un aumento del ritorno venoso al cuore: il sangue, durante il decubito, dalla circolazione splanica e dagli arti inferiori si ridistribuisce alle sezioni destre del cuore, determinando una congestione ed un aumento di pressione a livello dei capillari polmonari.
È il disturbo opposto alla platipnea.
In questi pazienti la difficoltà respiratoria si associa spesso a tosse notturna: quest'ultimo sintomo, anch'esso indicativo di insufficienza cardiaca, tende spesso ad essere trascurato.
L'ortopnea tende ad attenuarsi non appena il paziente assume la posizione seduta o dorme a letto con dei cuscini aggiuntivi.
Più conosciuto come sistema simpatico è la sezione del sistema nervoso autonomo costituita da centri situati nel tratto toraco-lombare del midollo spinale, gangli (tre cervicali, una dozzina dorsali, cinque lombari, quattro o cinque sacrali) da cui originano fibre, dirette agli organi effettori, di tipo adrenergico. Con il sistema parasimpatico concorre a regolare le funzioni degli organi della vita vegetativa (circolazione, respirazione, digestione). Ha connessioni con la midollare del surrene ed è essenziale per il mantenimento dell’omeostasi dell’organismo di fronte agli stimoli ambientali sfavorevoli (vedi anche nervoso, sistema).
Condizione in cui i valori pressori di un individuo sono più bassi di quelli considerati normali (100-110 mmHg per la pressione sistolica / 60-70 mmHg per la pressione diastolica). I fattori che possono provocare una riduzione della pressione sanguigna sono: la riduzione della gettata cardiaca, la riduzione della volemia, la riduzione delle resistenze periferiche. Nel primo caso, sia una diminuita forza di contrazione conseguente a un infarto miocardico massivo, che una aritmia cardiaca o un tamponamento cardiaco possono causare una diminuzione del riempimento ventricolare tale da determinare una gettata ridotta. L'ipovolemia, invece, può conseguire a emorragie o a perdite di acqua e/o sali per via gastroenterica, renale o cutanea (morbo di Addison, diabete mellito, diabete insipido, vomito o diarrea prolungati, ustioni estese). Infine, una riduzione delle resistenze periferiche può conseguire all'assunzione di numerosi farmaci, a uno stato di shock settico o a una alterazione vagale (che comporta quindi vasotono inadeguato e si manifesta con sincopi vaso-vagali o ipotensione ortostatica). Un cenno particolare meritano alcune peculiari forme cliniche: A) l'ipotensione ortostatica consegue, solitamente, a aterosclerosi dell'arco aortico che rende i recettori pressori largamente insensibili alle variazioni del flusso sanguigno; ciò comporta l'incapacità di correggere rapidamente la caduta pressoria che si ha nel passaggio improvviso dalla stazione sdraiata (clinostatismo) a quella eretta (ortostatismo), o l'incapacità di mantenere valori pressori costanti nella stazione eretta prolungata. È tipica degli anziani. B) la sincope vaso-vagale riconosce un meccanismo neurogeno mediato dal nervo vago e scatenato da sensazioni spesso emozionali (ansia, stress, dolore intenso...); è caratterizzata dalla riduzione delle resistenze periferiche accompagnata, anziché da una adeguata accelerazione cardiaca, da un rallentamento della frequenza cardiaca. È possibile anche in individui altrimenti sani. C) la sindrome del seno carotideo è legata ad aterosclerosi dei pressocettori del seno carotideo: stimolazioni anche banali (radersi, annodare una cravatta...) possono innescare una risposta vagale in tutto simile a quella descritta al punto B). L'ipotensione può costituire un dato fisiopatologico di riscontro costante in un paziente, e avere un'origine per così dire costituzionale, oppure presentarsi acutamente, spesso in questi casi determinando lipotimie o episodi sincopali. L'ipotensione può dunque essere relativamente asintomatica oppure provocare -specie quando la riduzione pressoria è rapida- segni clinici da diminuita perfusione tessutale: cute fredda, pallida, sudaticcia; oliguria; alterazioni dell'equilibrio metabolico; tachicardia ecc. Quando la riduzione della pressione arteriosa è così importante da determinare una grave ipoperfusione dei tessuti per un tempo sufficientemente prolungato, si verificano alterazioni irreversibili delle funzioni cellulari con danno metabolico generalizzato: questa condizione clinica va sotto il nome di shock.
Ciò che ha relazione con la posizione eretta.
Tecnica ausiliaria dell'ottica che misura e cura le alterazioni oculomotorie e i disturbi della visione binoculare. L'ortòttica ha lo scopo di rafforzare l'integrazione dell'attività sensitiva e motoria di entrambi gli occhi.
Ascesso localizzato sul margine della palpebra, per suppurazione di una ghiandola di Zeiss (orzaiolo esterno) o di una ghiandola di Meibomio (orzaiolo interno), ghiandole sebacee annesse alle ciglia.
Si presenta come un rigonfiamento nella palpebra.
La sintomatologia, acuta, è caratterizzata da irritazione, senso di peso e dolore.
Quando il dotto escretore della ghiandola di Meibomio si ostruisce completamente l'orzaiolo può cronicizzare ed evolvere in calazio.
È generalmente causato da una infezione batterica da stafilococco. Questa infiammazione può anche verificarsi in presenza di una blefarite.
La normale pulizia dell'occhio aiuta a prevenire l'orzaiolo; occorre comunque sempre avere le mani pulite prima di toccarsi gli occhi. In soggetti predisposti, occorre rimuovere con attenzione gli eccessi di sebo dalle ciglia, ad esempio pulendole con shampoo per bambini; ciò aiuta a mantenere puliti i dotti escretori delle ghiandole.
In presenza di orzaioli ricorrenti si può trattare la palpebra con pomate a base di antibiotici (per esempio eritromicina) appositamente preparate per uso oftalmico.
La terapia prevede l'applicazione di impacchi caldi o l'incisione chirurgica, con drenaggio.
L’orzaiolo è una patologia di tipo infettivo, solitamente causata da una tipologia di batteri denominata stafilococchi, che colpisce una o più delle ghiandole sebacee delle palpebre, situate alla base delle ciglia. Nella maggior parte dei casi, le ghiandole interessate sono quelle esterne, anche dette “di Zeis” o “Moll”. La ghiandola di Zeis è una ghiandola sebacea unilobare che si trova al margine della palpebra e supporta l'azione delle ciglia.
La ghiandola prende il nome dall'oftalmologo tedesco Eduard Zeis, che la scoprì. Si tratta di ghiandole che producono una sostanza oleosa che attraverso i dotti escretori del lobulo sebaceo viene immessa nella parte centrale del follicolo pilifero. Nella stessa zona della palpebra, vicino alla base delle ciglia, si trovano alcune ghiandole sudoripare chiamate "ghiandole di Moll". Se le ciglia non vengono pulite, è possibile l'insorgenza della follicolite, mentre le conseguenze possibili in caso di infezione alla ghiandola sebacea sono l'ascesso e l'orzaiolo.
In tali situazioni, l’infiammazione è evidenziata dalla formazione di una piccola escrescenza di forma tondeggiante in corrispondenza della linea delle ciglia. Il paziente lamenta un doloroso gonfiore persistente nella zona dove si trova l’orzaiolo e, al centro di questo, si nota una fuoriuscita di pus (liquido di colore giallognolo).
In casi piuttosto rari e più preoccupanti, l’orzaiolo è definito “interno”, in quanto le ghiandole colpite sono quelle “di Meibomio”, situate, appunto, nella zona interna delle palpebre. Al contrario di quello esterno, l’orzaiolo interno, di regola, non è visibile a prima vista: solo a seguito di un esame del lato interno della palpebra, si noterà un gonfiore circoscritto e molto dolente, anche in questo caso dovuto all’accumulo di pus.
L’orzaiolo, poi, a prescindere dalla localizzazione, è caratterizzato anche da un notevole fastidio nel percepire fasci luminosi e spesso si sviluppa una lacrimazione accentuata.
Quanto alle terapie, è decisamente errato il tentativo di schiacciare la tumefazione, perché il pus potrebbe “contagiare” parti sane e si rischia di estendere l’infiammazione all’intero dotto escretore, fino a far degenerare l’orzaiolo in cisti. E’ opportuno, invece, mantenere l’occhio pulito, agevolando la maturazione e, quindi, la regressione dell’escrescenza attraverso impacchi di acqua non troppo calda, da effettuare con una garza sterile in modo ripetuto. Solitamente la rottura dell’ascesso, con la riduzione e, poi, scomparsa del dolore è spontanea e avviene nell’arco di alcuni giorni.
Il medico può, tutt’al più, prescrivere pomate a base di eritromicina (o antibiotici simili), allorché la frequenza della patologia inizi a diventare preoccupante. Quando si tratta di orzaiolo interno, invece, è necessario, in genere, l’intervento di uno specialista, che faciliti la fuoriuscita del pus attraverso l’agopuntura e la spremitura.
Terapia
Applicando impacchi caldi sull’orzaiolo si allevia il fastidio, inoltre si affretta il processo suppurativo e quindi il conseguente scoppio dell’orzaiolo. Il medico può eventualmente prescrivere colliri o antibiotici adeguati se questa tumefazione perdura. A volte può essere necessario incidere o asportare chirurgicamente l’orzaiolo.
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