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Tipo di ulcera peptica che colpisce il duodeno.
Consiste nella perdita di sostanza locale in uno o più punti del duodeno. L'ulcera duodenale è 2-3 volte più frequente dell'ulcera gastrica. Tutte le ulcere bulbari, ovvero della prima porzione del duodeno, sono considerate in prima istanza come benigne; il 95% delle ulcere duodenali insorge in questa sede, più precisamente nella parete anteriore.
L'infezione da Helicobacter pylori è responsabile di oltre il 90-95% delle ulcere duodenali. L'eradicazione dell'infezione con una adeguata terapia antibiotica determina la guarigione pressoché definitiva della malattia ulcerosa prevenendo così l'insorgere di recidive e complicanze.
La principale causa di ulcera duodenale non correlata ad una infezione da Helicobacter pylori (5%) è l'assunzione di FANS, compresa l'aspirina, anche a basse dosi.
Alcuni fattori predisponenti all'ulcera duodenale sono: la bronchite cronica, lo stress severo, la chirurgia maggiore e l'uso di steroidi.
In circa il 50% dei casi l'ulcera duodenale si manifesta con un dolore localizzato in epigastrio, che può irradiarsi posteriormente.
Nel quadro clinico classico il dolore in epigastrio è urente ed insorge a digiuno, oppure durante la notte, e si attenua con l'assunzione di cibo. In altri casi il dolore presenta caratteristiche meno specifiche e può essere accompagnato o sostituito da altri sintomi come senso di ripienezza postprandiale, digestione lenta, nausea talvolta accompagnata da vomito, pirosi, inappetenza, anemia e dimagrimento.
L'ulcera gastroduodenale è la lesione della mucosa dello stomaco o del primo tratto del duodeno. Provoca un dolore epigastrico che cessa con l'ingestione del cibo per ricomparire poche ore dopo. La malattia colpisce soprattutto i maschi di età compresa tra i 40 e i 70 anni e può causare emorragie e perforazione.
È solo di recente che è stato attribuito a un batterio (Helicobacter pilori) un ruolo fondamentale nello sviluppo dell'ulcera. Le tecniche diagnostiche e le terapie si basano pertanto sulla ricerca di tale batterio e la sua successiva eliminazione. Il test del respiro (urea breath test) è molto affidabile; consiste nell'assunzione di un liquido o di un cibo solido che contiene urea marcata con sostanze radioattive del tutto innocue; dopo un tempo opportuno il paziente espira in uno strumento che misura l'urea. Poiché per il batterio è fondamentale la scissione dell'urea in anidride carbonica e ammoniaca, dalla differenza fra l'urea assunta dal paziente e quella emessa si può scoprire la presenza del batterio. Un'altra tecnica diagnostica è la gastroscopia con biopsia gastrica, molto attendibile solo quando la colonia dei batteri è molto numerosa, cioè all'inizio della patologia. Esistono anche test sierologici che rilevano gli anticorpi anti-batterio; recentemente si è introdotto il test fecale, basato sulla ricerca della proteina specifica del batterio nelle feci del malato. Meno affidabili sono ormai considerati il test della saliva o il test immunologico di Prick. Per la terapia si usano cocktail di farmaci (almeno tre); la cura consiste in due antibiotici (per esempio tetracicline e amoxicillina) e un farmaco per la diminuzione della secrezione acida dello stomaco. Al cocktail si aggiunge bismuto in forma colloidale che funge da antibatterico locale e protegge la parete gastrica. Normalmente la terapia dura una settimana. Attualmente sembra che la via di diffusione più facile del batterio sia il vomito, meno la saliva e le feci. Sono comunque le scarse condizioni igieniche che favoriscono la diffusione maggiore; si stima che nei paesi in via di sviluppo dell'Africa la totalità della popolazione sia contagiata dal batterio. La percentuale scende al 70% in Russia, al 50% in Italia e al 30-40% in Gran Bretagna e America del Nord.
Prolungamento mediano e verticale che si stacca dalla porzione centrale del margine libero del velo palatino e divide la cavità anteriore della bocca da quella posteriore.
È uno dei cinque sensi, quello che ci consente di percepire suoni e rumori provenienti dall'esterno, attraverso il loro passaggio nell'orecchio, che può essere paragonato ad un amplificatore.
L'orecchio può essere diviso in tre parti, orecchio esterno, orecchio medio e orecchio interno. L'orecchio esterno è formato dal padiglione auricolare e dal condotto uditivo esterno, che è scavato nell'osso temporale. Questi hanno il compito di raccogliere le onde sonore e indirizzarle verso il timpano, che segna il limite con l'orecchio medio. Quest'ultimo è una membrana che ha la proprietà di vibrare per effetto delle onde sonore, riproducendo le oscillazioni dell'aria senza alterarne la frequenza o l'ampiezza. Tali vibrazioni mettono in moto una catena di ossicini, che per la loro forma prendono il nome di martello, incudine e staffa. Il martello aderisce al timpano mentre la staffa è fissata con la base alla finestra ovale, una sorta di foro che consente il passaggio delle onde sonore all'orecchio interno, il quale è composto dalla coclea, dal vestibolo e dai canali semicircolari. La coclea ha la forma di una scala a chiocciola e vi si trova un liquido che costituisce il mezzo di trasmissione delle vibrazioni. All'interno della coclea si trova l'organo del Corti, costituito da cellule epiteliali dotate di ciglia, che rendono l'organo sensibile in ogni sua parte a lunghezze d'onda differenti. Queste ciglia vengono stimolate dalle vibrazioni sonore che agiscono su una membrana sovrastante, detta tectoria, la quale dà origine a un impulso nervoso, inviato dalle terminazioni del nervo acustico che si trovano nella coclea verso il lobo temporale del cervello, nella regione dove verrà elaborato nella forma che noi conosciamo come suono.
Possibilità di uno stimolo sonoro di essere percepito dall'organo uditivo umano, ossia di essere di intensità superiore alla corrispondente soglia di udibilità e inferiore alla soglia di dolore. Dal punto di vista della frequenza, si definiscono i limiti di udibilità inferiore a 15 Hz, superiore a 20 000 Hz. Il campo di udibilità comprende suoni di frequenza fra il limite inferiore e quello superiore e di livello compreso fra la soglia uditiva e la soglia dolorosa (vedi anche audiometria).
Proteina di disaccoppiamento mitocondriale 2 che si attiva durante i processi degenerativi, con funzioni antiossidanti. egli esseri umani è codificata dal gene UCP2. fa parte della famiglia dei trasportatori degli anioni localizzati nella membrana mitocondriale interna come il vettore per il fosfato inorganico e del Ca2+ citosolico [2] e non solo. Il suo nome è dovuto alla elevata omologia di questa proteina con UCP1 o termogenina.
A differenza dell'UCP1, che agisce solo sul grasso bruno e quindi solo sulla termogenesi adattativa, la UCP2 non interviene in questo meccanismo; sembra invece che questa intervenga nel controllo mitocondriale dei derivati delle specie reattive dell'ossigeno (ROS).
La ricerca sulle sue possibili applicazioni è molto promettente per quanto riguarda la terapia delle forme degenerative come l'Alzheimer.
Di Admin (del 09/01/2012 @ 15:31:08, in Lettera U, visto n. 996 volte)
Condizione patologica causata da un’intossicazione acuta da alcol etilico, riscontrabile nei soggetti che hanno assunto una quantità eccessiva di bevande alcoliche.
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