Di seguito tutti i lemmi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Insieme degli organi impiegati nella produzione degli elementi cellulari del sangue, ossia all'emopoiesi. I principali tra questi sono: nella vita intrauterina, sacco vitellino, milza, fegato, midollo osseo e organi linfatici; nella vita extrauterina, midollo osseo, linfoghiandole, milza).
Sinonimo di sindromi mieloproliferative. Gruppo di malattie del sangue caratterizzate dalla proliferazione tumorale degli elementi mielopoietici. Sono rappresentate dalla leucemia mieloide cronica, dalla policitemia vera (o malattia di Vaquez-Osler), dalla trombocitemia essenziale e dalla mielofibrosi idiopatica. Tutte queste patologie seguono di solito un andamento cronico, ma possono anche andare incontro a trasformazione aggressiva o leucemica.
Fuoriuscita di sangue dai vasi all'interno del corpo (emorragìa interna), oppure all'esterno (emorragìa esterna),originata da cause traumatiche, tossiche, infettive, metaboliche, oppure da malattie del sangue. L'emorragìa può essere cutanea o sottocutanea (petecchia, ecchimosi, porpora, ematoma), delle mucose (per esempio, epistassi, emorragìa gengivale), articolare (emartro), viscerale (per esempio, emorragìa cerebrale). In caso di emorragìa esterna il sangue può perdersi attraverso lesioni della cute o delle mucose, oppure attraverso gli orifizi naturali del corpo: condotto uditivo (otorragia), cavità nasali (rinorragia), bocca (stomatorragia; se mista a muco, emoftoe, emottisi; se mista a vomito, ematemesi), orifizio anale (melena, enterorragia), orifizio uretrale (uretrorragia; con le urine, ematuria), orifizio vaginale (menorragia, metrorragia). A livello clinico è importante la distinzione tra emorragìa acuta ed emorragìa cronica. Nella prima la sintomatologia può riferirsi all'organo direttamente colpito (cervello, surreni, intestino), oppure, se abbondante, derivare dalla brusca e rapida riduzione del volume del sangue con ridotta irrorazione generalizzata di organi e tessuti: pallore, sudorazione, tachicardia, ipotensione, sincope, sino allo shock ipovolemico. Nell'emorragìa cronica, invece, compaiono meccanismi di adattamento, i quali tendono a compensare l'anemia da perdita protratta di sangue, che inevitabilmente si instaura, e la conseguente scarsa ossigenazione dei tessuti: aumento dell'attività cardiaca e dell'estrazione di ossigeno da parte dei tessuti, vasocostrizione nei distretti non vitali. I sintomi e i segni più frequenti sono: tachicardia, dispnea, facile stancabilità, astenia, pallore cutaneo o mucoso. Le cause più frequenti di emorragìa cronica sono: ulcera peptica, tumori dell'apparato digerente, varici esofagee, assunzione di farmaci antinfiammatori. La prova del sanguinamento va accuratamente ricercata, quando non sia manifesto, in tutti i casi sospetti e nei pazienti in trattamento cronico con farmaci gastrolesivi; a tale scopo si effettua la ricerca del sangue occulto nelle feci su tre campioni prelevati in giorni consecutivi. L'intervento in caso di emorragia acuta deve essere tempestivo. In caso di ferita può essere applicato un laccio o una benda o una compressione manuale decisa sul punto di emorragia. Le emorragie nasali (epistassi) anteriori vengono trattate con il tamponamento nasale per mezzo di garze o meglio di piccole spugne che si espandono e creano una pressione persistente sul punto di sanguinamento. L'epistassi posteriore invece è di competenza di personale sanitario specializzato. Le emorragie dell'esofago possono essere trattate con una speciale sonda a palloncino che si gonfia comprimendo la parete, mentre le emorragie dello stomaco necessitano di una terapia con farmaci antisecretivi. In ogni caso, vanno controllati gli esami di laboratorio per valutare la necessità di trasfusioni.
Emorragia provocata dalla rottura di vasi che irrorano il cervello. Nel soggetto giovane è dovuta alla rottura di malformazioni vascolari; nell'adulto e nell'anziano è generalmente conseguenza dell'ipertensione. Le circostanze che la scatenano sono costituite da crisi ipertensive in occasione di pasti copiosi, emozioni, sforzi fisici, esposizioni prolungate al sole. Si distinguono vari tipi di emorragìa cerebrale. La grande emorragia capsulare (a livello della capsula interna) - o, meglio, capsulo-lenticolare, perché si verifica nella zona lenticolare che ha inizio, originando dalle arterie perforanti di derivazione silviana - è detta anche tipica (60%), ed è di solito legata all'ipertensione arteriosa. Essa presenta insorgenza acuta - perché il sangue fuoriesce ad alta pressione, infiltrando e distruggendo il tessuto cerebrale circostante, con la possibilità di raggiungere anche il talamo o di inondare i ventricoli cerebrali ed espandersi rapidamente ad altri distretti cerebrali - con alterazione della coscienza (coma), imponenti fenomeni neurovegetativi e turbe neurologiche (deviazione coniugata del capo e degli occhi, maggior ipotonia da un lato, crisi di ipertonia generalizzata). Nei due terzi dei casi l'evoluzione è infausta, nel giro di poche ore o di pochi giorni; in un terzo dei soggetti - quelli che hanno subito un evento relativamente limitato - si osserva una stabilizzazione e anche un miglioramento delle turbe della coscienza e delle alterazioni neurovegetative, mentre viene evidenziata più chiaramente l'emiplegia. I postumi sono comunque gravi: emiplegia o emiparesi, afasia, decadimento psichico. Un'altra forma di emorragìa cerebrale è l'ematoma cerebrale spontaneo, dovuto in genere alla rottura di un aneurisma dell'arteria cerebrale media o di una malformazione artero-venosa: il sanguinamento, che respinge il tessuto cerebrale piuttosto che distruggerlo, si manifesta con coma progressivo, associato a emiparesi, seguito da una fase di regressione parziale e, dopo una o due settimane, da un inesorabile aggravamento associato a coma profondo (sviluppo in due tempi). Si presentano inoltre: emorragie cerebro-meningee o meningo-cerebrali, con inizio rispettivamente dal parenchima cerebrale e dallo spazio meningeo; più rare sono infine le emorragie sottotentoriali (così vengono detti i sanguinamenti localizzati in sedi cerebrali poste al di sotto del tentorio del cervelletto, cioè nel cervelletto stesso o nel tronco encefalico). Accanto a questi grandi accidenti emorragici, tuttavia, l'ipertensione arteriosa provoca frequentemente microemorragie multiple, per lo più asintomatiche (slit hemorrages), che sono tuttavia chiaramente riconoscibili all'esame autoptico dei pazienti ipertesi. Nei casi di emorragìa cerebrale si impone il ricovero d'urgenza presso un centro specializzato per eseguire TAC, rachicentesi, angiografia cerebrale, allo scopo di accertarne l'origine, distinguendola dall'infarto, e di orientarne la terapia. La cura specifica si avvale di soluzioni ipertoniche di glicerolo o mannitolo contro l'edema cerebrale, di farmaci coagulanti e di provvedimenti rianimativi generali (vedi ictus); vanno inoltre garantite adeguata idratazione parenterale, equilibrio elettrolitico, prevenzione delle lesioni da decubito, svuotamento vescicale asettico, mantenimento della pervietà delle vie aeree superiori, prevenzione delle infezioni. La terapia chirurgica pone ancora oggi grandi problemi di indicazione. Gli studi dimostrerebbero la sua efficacia in caso di ematomi cerebellari che comprimono il tronco encefalico, in caso di ematoma intracerebrale o di emorragia subaracnoidea.
Perdita di sangue che costituisce una complicazione del 10-20% delle ulcere duodenali e reppresenta circa il 20% delle emorragie del tubo digerente. Il sanguinamento può essere percettibile macroscopicamente: in questo caso possono essere persi più di 100 ml di sangue in breve tempo, con presenza di ematemesi (vomito ematico rosso vivo o nerastro coagulato), melena (sangue digerito nelle feci che prendono un colore carbone, un aspetto caratteristicamente untuoso e un odore intenso), spesso di dolore epigastrico e a volte di anemia acuta con lipotimia improvvisa; nei casi in cui l'emorragia è particolarmente copiosa, il paziente può andare in stato di shock ipovolemico. La perdita di sangue può rappresentare, al contrario, uno stillicidio persistente, che porta in tempi relativamente brevi a un'anemia da carenza di ferro. La terapia, nelle forme gravi, prevede la ripresa della volemia attraverso infusione di soluzione fisiologica o plasma-expanders e la somministrazione di antistaminici anti-H2 o somatostatina (o di glipressina) per via endovenosa, con contemporanea sospensione dell'alimentazione orale sostituita da alimentazione mediante un sondino naso-gastrico; nei casi più gravi si ricorre anche alle trasfusioni di sangue, oppure a interventi di chiusura della fonte di sanguinamento per via endoscopica, a patto che il sanguinamento non sia tanto abbondante da impedire la visualizzazione della mucosa duodenale stessa e quindi della sede del sanguinamento (in questo caso bisogna eseguire anche un esame angiografico). Più raramente bisogna procedere a un intervento chirurgico addominale. Di fronte ad anemie inspiegabili o a ricerche di sangue occulto nelle feci positive, in pazienti con o senza una sintomatologia di tipo ulceroso, bisogna eseguire un'esofagogastroduodenoscopia per ricercare ulcere o neoplasie responsabili. Nel caso di emorragìa da ùlcera duodenale di lieve entità verranno somministrati gli stessi farmaci utilizzati per la terapia dell'ulcera peptica, oltre a ferro se il quadro clinico lo richiede.
Perdita di sangue originata dalla lesione delle varici dell'esofago o del fondo gastrico, in presenza di un'ipertensione portale. È frequente nei malati di cirrosi epatica. Il sanguinamento può essere massivo, a volte mortale per shock, e richiedere una terapia d'urgenza: vengono somministrati liquidi, somatostatina (o glipressina) e antistaminici anti-H2 per via endovenosa, mentre il sanguinamento è tamponato all'inizio tramite una sonda di Sengstaken-Blakemore. In una fase seguente vengono curate l'anemia, con trasfusioni (se necessario) e gli effetti dell'ipertensione del circolo portale per via endoscopica con la sclerosi delle varici oppure, se le condizioni generali lo permettono, per via chirurgica con una derivazione porta-cava (quest'ultimo tipo di intervento viene applicato alle situazioni di particolare gravità, perché molto impegnativo). In uso la terapia con betabloccanti 50 (propranololo) a lungo termine per ridurre la pressione del letto vascolare. Il trapianto di fegato può rappresentare l'ultima possibilità in pazienti affetti da cirrosi epatica con sanguinamento recidivante di varici esofagee.
Versamento emorragico tra i due foglietti (pia madre e aracnoide) della leptomeninge. Le cause possono essere diverse: processi sistemici di tipo vascolare (ipertensione maligna, arteriosclerosi), tossico, dismetabolico, infettivo; traumi cranici, spesso con perdita di coscienza prolungata; anomalie dei vasi cerebrali, come angiomi, aneurismi congeniti o acquisiti (vedi aneurismi congeniti), malformazioni artero-venose; tumori endocranici molto vascolarizzati. Le cause più frequenti consistono in rotture di aneurismi. In un terzo dei casi, l'evento scatenante può essere ricondotto a uno sforzo fisico, alla tosse, a un rapporto sessuale, alla defecazione oppure alla esposizione prolungata al sole. In altri casi il sanguinamento è del tutto spontaneo, senza prodromi significativi. L'emorragia subaracnoidea può presentarsi pura, oppure accompagnarsi a lesioni cerebrali: in questo caso si parla di forma meningo-cerebrale, se la lesione cerebrale è secondaria, e di forma cerebro-meningea, se è primitiva l'emorragia cerebrale. La sintomatologia è in ogni caso acuta e drammatica: cefalea molto intensa, dolore alla nuca e tra le scapole ("colpo di pugnale rachideo"), vertigine, vomito, fotofobia, segni di sofferenza meningea (in particolare rigidità nucale) e molto rapidamente obnubilamento che in casi rari arriva al coma. Di solito il malato geme, si agita e porta le mani alla testa. Possono comparire in seguito febbre, da riassorbimento dell'emorragia, torpore o agitazione, talora paralisi del III o VI nervo cranico, emiparesi con o senza afasia e alterazioni del fondo oculare (all'esame il fondo dell'occhio può presentare congestione della papilla, eventuali emorragie pericapillari e talora edema papillare). La puntura lombare oggigiorno non è più praticata sistematicamente, poiché la diagnosi viene rapidamente confermata, nella maggioranza dei casi, dalla tomodensitometria (TAC), che mostra lo spandimento ematico come una iperdensità degli spazi leptomeningei. Tuttavia, la puntura lombare rimane indispensabile per la diagnosi di quel 20% di casi in cui la TAC è normale, in quanto dimostra la presenza di sangue nel liquor. L'angiografia cerebrale è fondamentale per riconoscere la causa dell'emorragia e per impostarne la cura. Va tuttavia ricordato che l'aneurisma, subito dopo la rottura, può - in una minoranza di casi - non essere visibile, per trombosi del sacco aneurismatico o per spasmo arterioso. La morte è frequente, soprattutto quella immediata (fino al 36% nelle prime 76 ore). Il rischio di recidiva dell'emorragia (più grave, addirittura, del primo sanguinamento), qualora venga superata la fase iniziale, è elevato ma tende a diminuire lentamente nel corso delle settimane. A un anno di distanza è tuttavia ancora stimabile intorno all'11%. La prognosi è migliore se lo spandimento emorragico è ridotto, senza grave compromissione del tessuto nervoso. L'unico trattamento possibile è neurochirurgico, ma presenta notevoli difficoltà.
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