Un nuovo studio segnala l’importanza di consumare cibi ricchi di omega 3 per la salute del cuore.
In particolare, i risultati della ricerca apparsa sul Journal of the American College of Cardiology mostrano che l’approccio alimentare può migliorare la qualità e l’aspettativa di vita di chi ha subito un infarto del miocardio. I dati dimostrano che i soggetti colpiti da infarto con i livelli più alti nel sangue di acido eicosapentaenoico
(Epa) e di acido alfa-linolenico (Ala) sono anche quelli che corrono un rischio inferiore di eventi avversi clinici.
«L'articolo è importante perché mette in evidenza gli effetti complementari (e non
competitivi) dei due tipi di omega-3», ha spiegato uno degli autori Aleix Sala, dell'Instituto de Salud Carlos III di Madrid.
Per arrivare a queste conclusioni, i ricercatori hanno utilizzato i dati di quasi 950 pazienti sottoposti a intervento coronarico percutaneo primario, i cui livelli di acidi grassi omega-3 sono stati determinati al momento del ricovero in ospedale.
Il livello degli omega-3 indicava il tipo di alimentazione seguita nelle settimane precedenti all’infarto.
Il follow up di 3 anni ha mostrato che i pazienti con livelli più elevati di omega-3 avevano un rischio inferiore di complicanze. Nei 3 anni 211 pazienti hanno subìto eventi cardiovascolari avversi maggiori (Mace), 108 sono morti e 130 sono stati di nuovo ricoverati per problemi cardiovascolari.
La ricerca mostra che i due acidi erano complementari l’uno all’altro. Gli Epa, presenti nell’olio di pesce, fornivano protezione nei confronti dei Mace, mentre gli Ala, che si trovano soprattutto nelle noci e nella soia, riducevano il rischio di morte generale.
Il consumo di questi cibi ha l’effetto di arricchire le membrane dei cardiomiociti, un aspetto che limita il danno miocardico associato a ischemia.
«Incorporare gli omega-3 marini e vegetali nella dieta dei pazienti a rischio di malattie cardiovascolari è una strategia integrativa per migliorare sia la loro qualità di vita che la prognosi in caso di infarto», ha dichiarato Antoni Bayés dell'Hospital Universitari Germans Trias i Pujol di Barcellona, un altro scienziato che ha partecipato alla ricerca.
Andrea Piccoli
13/01/2021
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